Giugno 2015  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
C. Biondolillo, Due culture a confronto: la cultura americana vista da una finestra italiana di Roberta Barazza

AUTORE: Carlo Biondolillo

TITOLO: Due culture a confronto. La cultura americana vista da una finestra italiana

EDITORE: Amazon.co.uk

ANNO: 2014

 

Nell'anno accademico 2006/7 ho insegnato italiano in un'università del Midwest americano. L'esperienza è stata pessima e, alla proposta di rimanere nella stessa università un secondo anno, ho rifiutato con decisione.  

Non era la prima volta che mi recavo negli USA e ci sono poi tornata altre volte. Ma quell'anno è stato senz'altro il peggiore tra le mie numerose esperienze di lavoro all'estero. 

Nonostante ciò, a chi mi chiedeva se era una buona idea candidarsi per lavorare negli USA, ho sempre risposto affermativamente: se una simile esperienza per me era stata negativa, non doveva esserlo necessariamente per altri. E, come è noto, moltissimi trovano negli USA un ottimo campo di lavoro e di realizzazione personale, spesso, anzi, migliore che in Europa o in altre parti del mondo. Sarebbe sciocco valutare la complessità di una realtà solo in base alla propria esperienza personale.

Ma poiché credo che quel che mi è accaduto negli USA difficilmente sarebbe successo in Italia, nonostante vi siano problemi anche più gravi nelle università e nelle scuole del nostro paese, mi è rimasta la curiosità di capire meglio quella situazione, anche per gli ulteriori miei rapporti con ambienti e persone americane, alcune delle quali appartenenti alla mia stessa famiglia.  

Da ciò nasce l'idea di sentire opinioni altrui sul tema del confronto tra la cultura italiana e quella americana. Questa è la ragione delle due recensioni che propongo in questo numero del Bollettino Itals.  

Il primo libro di cui voglio parlare è l'opera di Carlo Biondolillo, Due culture a confronto. La cultura americana vista da una finestra italiana, Amazon.co.uk, 2014 (di cui esiste anche la versione in inglese Carlo Biondolillo, American Culture Seen from an Italian Window: Confrontation, Amazon.co.uk).

Ho trovato il breve libro di Biondolillo ricco di osservazioni utili per capire la mentalità americana, e magari cavarsela meglio negli USA alla prossima occasione. 

L'intenzione del mio lavoro non è quella di contrapporre due culture e sottolinearne la diversità. Questo lo avrei fatto forse volentieri subito dopo il mio anno negli States, quando ero scandalizzata e arrabbiata per quel che mi era accaduto*. Trascorsi diversi anni, non rimane in me risentimento anche perché, dopo la fine di quell'anno accademico e il ritorno in Europa, il problema s'è concluso. Resta tuttavia la curiosità di capire meglio il modo di pensare e di vivere in America: ciò è importante per le mie esperienze personali ma anche per comprendere ciò che succede nel rapporto tra popoli e nazioni, in uno scenario internazionale in cui gli Stati Uniti giocano ancora un ruolo molto importante.   

Nel suo breve saggio, dallo stile informale e colloquiale, Carlo Biondolillo descrive alcuni degli aspetti della vita e della cultura americana che più lo hanno colpito e sorpreso, sulla base del confronto con la sua esperienza di cittadino italiano. L'autore vive stabilmente negli Stati Uniti da vari anni. 

Quando ci si trasferisce in un paese straniero, afferma l'autore, apprendere l'uso della lingua locale è sicuramente importante ma non risolve del tutto il problema della comunicazione: l'interpretazione, infatti, di ciò che ascoltiamo o diciamo può essere distorta dal filtro culturale che una persona costruisce vivendo in una certa società, e che porta con sé quando si trasferisce in una diversa nazione.   

Il primo esempio di shock culturale descritto da Biondolillo è l'episodio di Paulo (5):

 

"Un giorno, mentre facevo lezione di italiano a un ragazzino brasiliano di circa 10 anni di nome Paulo, mi accorsi che era triste e pensieroso, gli chiesi se c'era qualcosa che non andasse e mi raccontò che la ragione per cui era triste era dovuta al fatto che era stato ripreso formalmente a scuola, prima dall'insegnante e poi dal direttore, e che il giorno seguente avrebbe dovuto essere accompagnato dai genitori. 

Mi raccontò che aveva salutato un compagno, assente da scuola per alcuni giorni, abbracciandolo. 

Al che gli chiesi quale fosse il problema, e Paulo mi spiegò che a scuola esiste un codice di regole al quale è necessario attenersi e l'abbracciarsi e toccarsi in qualsiasi modo è proibito."  

 

Nella cultura italiana la vicinanza fisica tra conoscenti e amici non è considerata negativamente. Abbracciarsi o mettere la mano sulla spalla di un amico è per noi normale e accettabile. Toccare una persona non è necessariamente segno di intimità; può esprimere anche semplicemente amicizia o fiducia.    

Secondo Biondolillo evitare il contatto fisico è uno dei modi con cui gli statunitensi evitano un confronto. Nel corso del suo breve saggio, l'autore ribadisce con altri esempi questa stessa spiegazione.   

Nel Midwest, dove l'autore vive, è diffusa l'espressione "Minnesota nice" che esprime la grande cortesia degli abitanti di quello stato americano. Grande cortesia significa, anche, evitare il più possibile qualsiasi contrasto o controversia. Può capitare che, durante una conversazione, una persona dica "I understand what you mean" (capisco ciò che dici), oppure "sure" (sicuramente), annuendo e dando l'impressione di essere d'accordo con l'interlocutore. 

In realtà (p. 7)

 

"la traduzione italiana della frase "I understand what you mean" non fa giustizia poiché, in inglese, è una frase carica di valori intrinseci culturali; la reale traduzione in termini diretti sarebbe: capisco ciò che dici, non sono affatto d'accordo ed è per questo che preferisco cambiare discorso." 

 

Evitare il confronto è una pratica molto comune, e non solo in Minnesota. Questo spiega, secondo Biondolillo, la regola del "no touching". Toccarsi ha per conseguenza possibili conflittualità. Pensiamo a un abbraccio tra studenti di diverso sesso, di diversa religione o nazionalità, o alle donne musulmane che non possono stringere la mano a una persona del sesso opposto. In ambiente scolastico gli insegnanti, la scuola e persino i genitori verrebbero coinvolti in possibili conflitti. Impedire alle persone di avvicinarsi e toccarsi riduce questo rischio (p. 7): 

 

"Una eventuale discordia, se non risolta con una dose di buon senso, diventa un "caso", il quale, non ha altro luogo di soluzione che il tribunale dove il tutto, con molta probabilità, sarà risolto a suon di dollari." 

 

Biondolillo spiega che, per evitare possibili contatti e conflitti, nelle scuole americane è stata introdotta la recente figura professionale del Positive Behavior Support o PBS, che rappresenta, come dice il nome, un sostegno al comportamento positivo a scuola. Il suo ruolo è di risolvere eventuali conflitti in classe dovuti al comportamento scorretto di uno studente. Se un alunno disturba ripetutamente, anche dopo vari richiami, l'insegnante chiama il PBS che entrerà in classe e accompagnerà l'alunno indisciplinato dal preside. Potrebbe poi, dopo il richiamo del dirigente, ritornare in classe o, se il dirigente lo ritiene necessario, i suoi genitori potrebbero essere invitati a scuola per discutere il problema. Insomma, ciò che una volta veniva risolto con un rimprovero in classe, ora implica il coinvolgimento del PBS che, con la sua presenza, evita un conflitto esplicito tra insegnante e alunno, o tra insegnante e i genitori dell'alunno. L'insegnante, invitando il PBS, fa notare il problema, ma è il PBS che parla con i genitori e poiché quest'ultimo non conosce personalmente l'alunno, si limita a descriverne il comportamento scorretto, senza che vi sia un coinvolgimento o un confronto personale sull'argomento. Anche i genitori, in questo modo, hanno l'impressione di un puro atto burocratico e non di una presa di posizione personale dell'insegnante nei confronti del loro figlio. 

Anche la questione dei test usati nelle scuole americane sembra confermare la generale tendenza a evitare conflitti. I test usati sono domande con risposta 'vero' o 'falso' o quesiti a scelta multipla con tre o quattro possibili risposte. Sono test standardizzati, usati cioè in tutte le scuole di uno stato americano. In questo modo si ottiene una valutazione su base nazionale degli alunni. Di fatto, nelle scuole americane, le valutazioni avvengono solo sulla base di test: le interrogazioni non esistono più. Ciò elimina possibili giudizi soggettivi sugli studenti e, quindi, anche un confronto personale tra insegnanti e alunni. Biondolillo ritiene che (p. 12)

 

"il sistema 'test', non prevedendo la classica interrogazione, evita il confronto dello studente con i compagni di classe e con lo stesso insegnante, eliminando qualsiasi tipo di comunicazione e di interazione, che invece rappresentano le componenti essenziali per la risoluzione della conflittualità e per una costruttiva integrazione di diverse culture." 

 

Secondo Biondolillo questo continuo tentativo di evitare confronti e conflitti ha gravi e negative conseguenze (pp. 13-14): 

 

"Le cose non cambiano, anzi direi peggiorano nelle scuole superiori ed ancor più nelle università, dove il confronto si apre su argomenti di più vasto respiro, come politica e religione, costantemente scoraggiati a causa della pressione indotta dalla 'political correctness' a cui tutti sono sottoposti."

 

Infatti è proprio a causa di questa pressione che le università scoraggiano e penalizzano discussioni e dibattiti, limitando quindi, ancora una volta, la possibilità di confronto tra gli studenti. 

Diverse ricerche sullo sviluppo intellettuale suggeriscono che il dialogo è essenziale per la trasformazione intellettuale, infatti gli assistenti sociali, per esempio, sollecitano e facilitano il dialogo e il confronto su tutti i campi di loro competenza, dal rapporto di coppia alle relazioni familiari, alla cooperazione tra enti sociali, alla organizzazione di comunità. Per cui risulta strano ed ironico che invece esso sia scoraggiato in luoghi come scuole e università. [...]

Per poter imparare è necessario essere disponibili a rivedere e modificare le proprie opinioni, cosa non facile in un ambiente bilanciato e neutrale, quasi impossibile in uno sterile e spesso ostile come quello scolastico o universitario americano." 

 

Posso confermare che anch'io ho avuto l'impressione, vivendo un anno in Indiana, che, per vari motivi, la libera comunicazione tra insegnanti e studenti e tra colleghi fosse ostacolata e inibita.

Biondolillo dedica un capitolo al confronto/conflitto nel mondo del lavoro trattando il problema del harassment, le molestie. 

Quando anch'io sono giunta nel Midwest, nel 2006, ho notato l'insistenza con cui si scoraggiava gli insegnanti da qualsiasi contatto con gli alunni al di fuori delle lezioni, per evitare accuse di harassment. Si capiva che il problema era diffuso, che accuse in questo senso potevano essere facili, e le possibili conseguenze molto serie.

L'obbligo del 'no touching' con cui si vuole limitare, tra l'altro, il problema delle molestie, non sembra aver risolto la questione della violenza sessuale nelle università americane. Il problema è ancor oggi molto grave: una ragazza su cinque in USA sembra essere vittima di violenza sessuale nelle istituzioni accademiche.    

Le denunce di harassment nel mondo del lavoro sono numerosissime e provocano danni notevoli ai lavoratori, alle attività produttive e a chi dirige una ditta, a causa del costo dei processi e della possibile perdita di immagine per l'azienda. Per questo i dirigenti in America hanno dichiarato 'zero tolerance' con cui si intende che, in qualsiasi luogo di lavoro (p. 17)

 

"tutte le denunce, anche anonime, fanno scattare una formale indagine da parte di HR (Human Resources) dell'organizzazione imputata; chiunque dovesse essere, direttamente o indirettamente, attivamente o passivamente, coinvolto in un potenziale caso di "harassment" deve immediatamente denunciare l'accaduto al management il quale coinvolge HR che a sua volta fa scattare l'indagine; chiunque ascolti anche una sola lamentela o anche uno sfogo da parte di un'altra persona, sia che si tratti di colleghi o dipendenti di altre società, deve riportare tutto immediatamente al management che ne informa la direzione del personale." 

 

Per spiegare quanto l'argomento sia serio e delicato l'autore riporta l'esempio seguente (pp. 17-18):

 

"Tutti hanno ascoltato almeno una volta una di quelle famose barzellette nelle quali ci sono di solito tre protagonisti di diversa nazionalità (un francese, un tedesco e un italiano) che all'accadere di un certo evento si comportano in modo diverso a seconda dello stereotipo che rappresentano. 

Chiunque dovesse ascoltare una barzelletta di questo tipo, anche indirettamente, ha il dovere di denunciare l'accaduto al management." 

 

Racconta Biondolillo (pp. 18-19): 

 

"Ho lavorato qui in Minnesota presso una multinazionale per quindici anni e ho avuto modo di costatare di persona questo aspetto. 

All'inizio non capivo perché, quando ci si incontrava tra colleghi, oltre al 'ciao come stai?' e 'bene, grazie e tu?', l'unico argomento di cui si parlava fosse il tempo. Inizialmente pensavo che, essendo il Minnesota ben conosciuto per il suo clima implacabilmente rigido, parlare del tempo fosse un argomento importante a cui tutti erano interessati. Successivamente ho invece capito che parlare del tempo è 'safe' cioè è considerato un argomento a rischio zero. [...] Le norme anti-harassment includono anche ogni tipo di manifestazione che possa offendere o mettere a disagio un individuo: una barzelletta (come abbiamo visto in precedenza), un gesto, un atteggiamento, un disegno, un'opinione politica, religiosa o su aspetti sociali. 

Ecco quindi perché la 'political correctness', che nel passato rappresentava essenzialmente una scelta sociale individuale, dettata principalmente dal buon senso e dalle buone maniere, si è trasformata successivamente in una sorta di comandamento da rispettare in ogni luogo, di lavoro e non, pubblico e privato [...] 

Praticamente non si può discutere quasi di nulla poiché qualsiasi argomento potrebbe toccare la suscettibilità altrui [...] Se da un lato la tolleranza zero sull'harassment tende a eliminare potenziali conflitti, dall'altro crea altresì ambienti sterili, ostili e controproducenti all'integrazione sociale." 

 

Secondo Biondolillo un motivo importante per cui si insiste tanto sulla gravità dell'harassment in America consiste nelle sue possibili conseguenze economiche. Se una ditta viene coinvolta in un processo per harassment, oltre che un danno d'immagine, può subire gravi perdite materiali (p. 21)  . 

 

"Quindi i valori etici sono importanti se incidono sul funzionamento e sull'efficienza del sistema capitalistico; se invece essi procurano problemi fine a se stessi, beh, in questo caso bisogna solo sperare che la soluzione non costi troppo." 

 

Forse i motivi per cui negli USA si scoraggia drasticamente il confronto e il conflitto non sono riconducibili solo a interessi economici. La mia esperienza di lavoro in un'università americana mi porta comunque a confermare la grande difficoltà a esprimere opinioni personali, a comunicare in modo libero, e ancor meno confidenziale, con colleghi e conoscenti, e il timore costante che le proprie opinioni possano essere censurate dai dirigenti mettendo a rischio la propria posizione professionale. 

 

    

 

* Nota

Si legga al riguardo il mio articolo pubblicato su Peacereporter.net nel 2006

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