Novembre 2008  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
Il plurilinguismo e l'insegnamento dell'italiano come L2 di Valeria Gullotti

ABSTRACT

Ambito generale di studio è il fenomeno del plurilinguismo, inteso, in senso lato, come la copresenza di più idiomi che contraddistinguono il repertorio linguistico di ciascun individuo, in cui anche il dialetto è una lingua. L’approccio con cui si studia tale fenomeno è di stampo glottodidattico, in cui con il concetto di plurilinguismo si intende un valore da salvaguardare, in quanto favorisce il potenziamento di strategie cognitive, facilitando l’apprendimento delle lingue.

 

 

 

1. GLI OBIETTIVI

 

Uno degli obiettivi fondamentali della ricerca è di indagare le relazioni e i rapporti che intercorrono tra la lingua e il contesto geografico-culturale di riferimento. In particolare si vuole studiare il rapporto che intercorre tra il contesto etnico-geografico dei bambini di 9-10 anni ed il loro comportamento linguistico, nonché la loro percezione della lingua italiana.

L’indagine si pone l’obiettivo di studiare gli usi sociolinguistici delle lingue degli alunni, per indagare la presenza del dialetto e delle lingue diverse dall’italiano nei loro comportamenti linguistici quotidiani.

Oltre agli usi linguistici, la ricerca si sofferma sull’analisi della percezione della lingua italiana, e sullo studio delle abilità linguistiche e delle metodologie di studio della lingua italiana preferite dagli alunni.

La ricerca, inoltre, si rivolge agli insegnanti allo scopo di comprendere le metodologie, le strategie, e gli ausili didattici che essi adottano per l’insegnamento dell’italiano agli allievi, di cui nello specifico gli alunni stranieri.

Dai docenti stessi si cerca inoltre di ricavare delle informazioni circa il comportamento sociale degli alunni stranieri rispetto ai compagni di classe e ai docenti, al fine di conoscere il grado di integrazione degli alunni stranieri nel contesto di immigrazione.

L’ottica entro cui si analizzano le risposte dei docenti è di natura interculturale, in quanto si è convinti che l’intercultura sia l’approccio ideale e necessario per affrontare la diversità come risorsa per tutti, a favore di un progetto di società che privilegi i meccanismi di partecipazione alla vita civile e democratica.

 

2. LO STRUMENTO DI ANALISI

 

La presente ricerca si avvale della somministrazione di due tipi di questionari autocompilati: il primo da rivolgere agli alunni delle classi quinte e quarte, e il secondo da compilare a cura dei docenti che insegnano italiano in queste classi.

 

3. LA SOMMINISTRAZIONE DEL QUESTIONARIO

 

Per quanto riguarda il questionario per gli studenti, la modalità di rilevazione che si è preferito adottare è la rilevazione di gruppo, con la compilazione in presenza della ricercatrice. Si è scelto di operare con tale modalità di rilevazione ottenendo essenzialmente due vantaggi: la presenza della ricercatrice, da un lato, poteva rendere possibile qualsiasi tipo di chiarimento, evitando così che gli interpellati potessero fare errori grossolani, dall’altro lato, permetteva di controllare che tutti i questionari fossero compilati, evitando il rischio dell’autoselezione.

La modalità di somministrazione prescelta prevedeva la lettura ad alta voce passo passo delle domande presenti nel questionario, lasciando il tempo necessario per rispondere e fornendo eventuali spiegazioni o chiarimenti.

Nella maggior parte dei casi la somministrazione si è svolta in presenza degli insegnanti, che spesso hanno coadiuvato nella ricerca fornendo ulteriori chiarimenti o spiegazioni soprattutto ai bambini immigrati che presentavano difficoltà nella comprensione di alcune domande.

La compilazione dei questionari per i docenti, invece, per la maggior parte dei casi non è stata svolta in classe, ma in un momento diverso rispetto alla compilazione da parte degli alunni.

 

4. IL CAMPIONE

 

Poiché l’obiettivo generale della ricerca è quello di indagare l’esistenza del plurilinguismo nel secondo ciclo delle scuole primarie di Padova e provincia, si è ritenuto opportuno contattare gli istituti scolastici ubicati in paesi densamente popolati da minori stranieri, presumendo di rivolgersi alle scuole con una presenza rilevante di alunni stranieri.

Allo stesso tempo, si è scelto di utilizzare un campionamento che potesse coinvolgere anche gli alunni dialettofoni, ossia quei bambini ormai pressoché rari che hanno acquisito il dialetto come lingua madre.

Poiché le maggiori concentrazioni di alunni stranieri si hanno nei comuni di Padova, mentre quelle di alunni dialettofoni si hanno in periferia e nei piccoli centri (quelli cioè con popolazione inferiore ai 20.000 abitanti), il criterio che ha guidato la scelta del campionamento è stato di tipo geografico.

Si è ritenuto utile far riferimento alla suddivisione del territorio in 6 zone principali:

 

  1. la zona di Padova;

  2. la cintura urbana;

  3. la zona Nord-Ovest;

  4. la zona Nord-Est;

  5. la zona Sud-Ovest;

  6. la zona Sud-Est.

 

Oltre agli Istituti Comprensivi di Padova, quindi, sono stati scelti e contattati gli istituti scolastici ubicati al di fuori dell’area urbana (dove presumibilmente si conserva di più l’uso del dialetto), situati nei comuni dove in particolare si registra una presenza significativa di residenti stranieri.

 

Per pervenire alla conoscenza del numero degli stranieri residenti nei diversi comuni di Padova, sono stati consultati i dati dell’Osservatorio Regionale Immigrazione.

In definitiva, sono stati contattati 20 Istituti e Direzioni (cfr. fig. 1 e 2) di cui 10 si sono rese disponibili a partecipare alla ricerca, e 6 (cfr. fig. 1, in grassetto) hanno aderito effettivamente alla somministrazione dei questionari.

 

 

 

Padova

 

Cintura urbana

 

Nord Ovest

 

Nord Est

 

Sud Ovest

 

Sud Est

 

XII Istituto

Comprensivo

di Padova

 

No

 

 

 

Direzione Didattica di Selvazzano

 

 

Direzione Didattica di

Cittadella

 

Direzione Didattica di

Camposampiero

 

No

 

Istituto C. di Montagnana

 

 

Direzione D. di Piove di Sacco

 

 

No

 

VII Istituto

Comprensivo di Padova

 

 

Direzione D. di Abano

Terme

 

No

 

 

Istituto C. di San

Martino di Lupari

No

 

Istituto Comprensivo di

Piombino Dese

 

 

Direzione Didattica di Este

 

No

 

Direzione didattica di Conselve

 

 

III Istituto

Comprensivo di Padova

 

 

Direzione D. di

Cadoneghe

 

No

 

Ist. Comprensivo di Tombolo

 

No

 

Ist. Comprensivo di

Trebaseleghe

No

 

Ist. Comprensivo di Monselice

 

No

 

Istituto Comprensivo di Codevigo

 

No

Fig. 1 Gli Istituti scolastici contattati ai fini della ricerca

 

Padova

Sud Est

 

VIII Istituto

Comprensivo di Padova

 

 

Istituto C. di

Legnaro

 

No

Fig. 2 Gli altri Istituti scolastici contattati in un secondo momento

 

 

4.1 LE CARATTERISTICHE DEI RISPONDENTI

 

Gli alunni

Il campione indagato è costituito da 1013 alunni, di cui il 56% è composto da maschi e il restante 44% da femmine.

Gli alunni appaiono equamente suddivisi nelle due classi esaminate: quasi il 52% frequenta la classe 5°, mentre il 48% è iscritto nella classe 4°.

Il criterio in base al quale sono stati costruiti i questionari, e poi classificati gli alunni, è di tipo linguistico. Si è deciso di distinguere i soggetti non in base alla loro nazionalità, in quanto la nazionalità è soprattutto un’etichetta che si usa attribuire agli individui in maniera superficiale, ma piuttosto di adottare come fattore discriminante il parametro linguistico, in quanto la lingua è un elemento forte di identità personale e sociale.

Per classificare gli alunni stranieri, si è proceduto associando la loro lingua madre alla rispettiva famiglia linguistica di appartenenza, in quanto la famiglia linguistica, come afferma Berruto (1997a: 108), costituisce “la categoria fondamentale della classificazione delle lingue su base genetica”.

 

Nel prospetto qui sotto (fig. 3), è possibile prendere visione dei gruppi e delle famiglie linguistiche di appartenenza di ciascuna lingua rilevata come L1 degli alunni stranieri.

 


 

Famiglia

 

 

Gruppo

 

 

Lingue o sottogruppi di lingue

 

 

Indo-europea

 

 

Romanzo

 

 

Rumeno, Moldavo, Spagnolo, Francese

 

 

 

Germanico

 

Inglese, Olandese

 

 

 

Albanese

 

Albanese

 

 

 

Indo-iranico

 

Punjabi, Sinto

 

 

 

Slavo

 

Serbo-croato, Polacco, Bosniaco,

Macedone

 

 

Afroasiatica

 

 

Semitico

 

 

Lingue parlate in Africa settentrionale

 

Niger-kordofaniana

 

Kordofaniano

 

 

Lingue parlate nel Sudan

 

 

 

Mandingo

 

Lingue del gruppo sudanese: parlate in Costa d’Avorio, Senegal, Ghana

 

 

Uralica

 

 

Ugro-finnico

 

 

Ungherese

 

Sino-tibetana

 

Cinese

 

Idioma cinese

 

Dravidica

 

Famiglia parlata nella parte

meridionale dell’India

 


Fig. 3 Classificazione tipologica delle lingue madri degli alunni stranieri

 

In definitiva, gli alunni sono stati classificati nelle seguenti categorie:

 

  • gli italofoni, ossia coloro che hanno acquisito l’italiano come lingua materna;

  • i dialettofoni, ossia coloro che hanno acquisito il dialetto come lingua materna;

  • gli italofoni non esclusivi, vale a dire gli italofoni che hanno acquisito anche il dialetto oltre all’italiano;

  • i bicolti, ossia coloro che vivono una condizione di biculturalismo perché sono figli di coppie miste o di entrambi i genitori stranieri, ma sono nati in Italia;

  • gli indoeuropei, ossia coloro che hanno acquisito una L1 appartenente alla famiglia linguistica indoeuropea;

  • gli africani, ossia coloro che hanno acquisito una L1 appartenente alla famiglia linguistica afro-asiatica e alla famiglia linguistica niger-kordofaniana;

  • gli orientali, ossia coloro che hanno acquisito una L1 appartenente alla famiglia linguistica uralica, alla famiglia linguistica sino-tibetana, alla famiglia linguistica dravidica.

 

5. I RISULTATI

 

5.1 IL REPERTORIO LINGUISTICO DEGLI ALUNNI

 

La situazione linguistica che emerge dalle classi esaminate nella presente ricerca, è una realtà complessa, caratterizzata da un contesto variegato dal punto di vista culturale e linguistico.

Fra gli allievi, una percentuale elevata, pari al 10%, ha come idioma materno una lingua diversa da quella della maggioranza, ossia una lingua straniera.

Questa ricca ed eterogenea situazione linguistica si accompagna ad una realtà caratterizzata dalla presenza ancora vivida dell’uso del dialetto, predominante nel 5% degli studenti (soprattutto nelle relazioni intrafamiliari).

 

5.2 GLI USI LINGUISTICI DEI DOCENTI: LE LINGUE MADRI DEGLI ALLIEVI STRANIERI

 

Uno degli obiettivi fondamentali della scuola è quello di valorizzare la diversità linguistica e culturale e di promuovere l’incontro tra le diverse lingue e culture. In questa ricerca, è emerso però che gli insegnanti attenti alla valorizzazione del background linguistico-culturale degli allievi, sono la netta minoranza rispetto all’intera categoria dei docenti esaminata.

La poca attenzione per il retroterra linguistico degli alunni si scontra con le tesi sostenute dai recenti studi, secondo i quali il mantenimento della lingua madre è importante e necessario, non soltanto per una questione identitaria, ma anche per una questione cognitiva, in quanto il linguaggio è fortemente connesso ai principali processi cognitivi che determinano il pensiero.

La maggioranza degli insegnanti intervistati, che opera in classi plurilingui e pluriculturali, ammette di fare poco o niente riferimento alle lingue madri degli allievi stranieri.

In base agli ambiti analizzati, gli insegnanti che considerano poco o per nulla tali lingue, costituiscono (in ordine crescente) il 69% degli insegnanti rispetto all’ambito lessicale, il 72% rispetto all’interesse verso le interferenze della L1 sull’italiano, il 78% rispetto all’ambito delle strutture linguistiche.

 

5.3 GLI USI LINGUISTICI DEI DOCENTI: IL DIALETTO

 

Considerando la tesi di Berruto (cfr. Antonelli, 2007), secondo la quale la lingua vernacolare è destinata a scomparire nel tempo, il dialetto risulta un codice ancora piuttosto usato nell’insegnamento della lingua italiana, sebbene, resta il fatto, che tale codice linguistico sia utilizzato dalla minoranza degli insegnanti.

La maggioranza ammette di usare il dialetto con poca frequenza, e soprattutto per uno scopo ludico-ricreativo. Gli insegnanti che lo utilizzano piuttosto frequentemente per scherzare/sdrammatizzare sono il 43% del totale. Gli insegnanti che invece utilizzano il dialetto piuttosto frequentemente con uno scopo didattico, sono in percentuale minore. In particolare, il 32% ne fa un utilizzo piuttosto frequente per svolgere delle riflessioni di tipo lessicale; la percentuale scende al 25% nel caso dell’uso del dialetto per svolgere alcune riflessioni di tipo grammaticale.

Ciò che in molti casi è emerso dalle risposte degli insegnanti è comunque la mancanza di una metacompetenza sul dialetto che renda possibile lo svolgimento di alcune riflessioni didattiche incentrate sul confronto tra l’italiano e il dialetto.

In altri casi ancora si è rilevata la tendenza da parte di alcuni insegnanti di escludere totalmente l’uso del dialetto in classe, in quanto il dialetto viene visto con sospetto per le interferenze negative che esso può produrre nell’uso dell’italiano.

 

5.4 GLI USI LINGUISTICI DEGLI ALLIEVI

 

A proposito di mantenimento della propria lingua madre, da questa ricerca, emerge il fatto che gli stranieri che conservano le proprie radici culturali, mantenendo l’uso della L1 soprattutto per esprimersi con i familiari ) costituiscono la maggior parte degli alunni non italofoni (oltre il 90%.

Le lingue del paese d’origine sono accompagnate però, per la maggior parte dei casi, dall’uso dell’italiano (per oltre il 70% dei casi). Tale convivenza fra la lingua madre e la lingua d’arrivo è un chiaro segnale di uno shift in atto verso l’italiano, che può far supporre, in una prospettiva futura, ad un progressivo e completo passaggio all’italiano.

 

5.5 ALUNNI ORIENTALI E ALUNNI DIALETTOFONI: UNA “CHIUSURA CULTURALE” DI BASE

 

Gli alunni orientali. Tra le tre categorie di alunni che sono stati qui considerati come “stranieri” per la loro acquisizione di una L1 diversa dall’italiano (gli indoeuropei, gli africani e gli orientali), gli alunni orientali appaiono come la categoria più “conservativa”, ossia la più attaccata al mantenimento dell’uso della propria lingua madre, e la categoria meno propensa ad integrarsi nel contesto scolastico italiano.

Gli alunni orientali primeggiano inoltre tra le altre categorie, nel concepire l’italiano come una lingua piuttosto difficile, piuttosto brutta, e piuttosto inutile (rispettivamente nel 36%, 9%, 18% dei casi).

Le maggiori difficoltà degli alunni orientali si concentrano nell’utilizzo orale della lingua italiana (nel 36% dei casi), difficoltà giustificabile evidentemente dal fatto che gli scambi comunicativi che gli alunni orientali intrecciano nel contesto intrafamiliare e amicale si svolgono prevalentemente in lingua madre. Tali difficoltà linguistiche degli alunni orientali si spiegano anche in termini di distanza tipologica esistente tra la loro lingua madre e l’italiano. Da un punto di vista morfologico, infatti, l’italiano appartiene alle lingue flessive; appartengono a tale tipologia linguistica la maggior parte delle lingue madri degli indoeuropei e degli africani, a differenza invece delle lingue madri degli alunni orientali, che sono lingue di tipo agglutinante e isolante, e dunque sono lingue di differente tipologia rispetto all’italiano.

 

Gli alunni dialettofoni. Dalle domande relative al piacere di studiare l’italiano, si è notato che l’apprendimento della lingua italiana, oltre a risultare ostile per una percentuale considerevole di alunni orientali, appare poco gradita anche ad una porzione consistente di alunni autoctoni: i dialettofoni.

Gli alunni dialettofoni, tra l’intero corpus degli alunni autoctoni, dimostrano di essere la categoria meno motivata allo studio della lingua italiana, e la categoria con maggiori difficoltà di apprendimento della lingua (il 47% di essi manifesta difficoltà verso l’abilità del parlare, il 34% verso l’ascolto, il 30% verso la scrittura, il 19% verso la lettura).

La categoria dei dialettofoni, inoltre, emerge per difficoltà a livello relazionale, sia con i pari che con gli insegnanti. Considerando le categorie degli alunni italofoni, degli alunni stranieri, e degli alunni dialettofoni, questi ultimi si collocano al primo posto per numero di alunni leader negativi tra i pari, e all’ultimo posto per numero di alunni collaborativi con l’insegnante.

Il rapporto che gli alunni dialettofoni instaurano con l’insegnante in alcuni casi si rileva ostile. Gli alunni dialettofoni che manifestano un atteggiamento di sfida verso gli insegnanti sono in percentuale rilevante (il 10%), prossima a quella degli alunni stranieri (13%), le cui difficoltà nel rapporto con il docente possono derivare probabilmente dalle differenze culturali esistenti a livello di modelli educativi e di stile di insegnamento tra il Paese d’origine e il contesto italiano.

L’atteggiamento di ostilità degli alunni dialettofoni verso l’insegnante, si può spiegare considerando la tesi di De Blasi, secondo cui i bambini dialettofoni vivono in quartieri che sono in realtà delle “reti chiuse”, ossia delle reti in cui le persone sono collegate da relazioni molto fitte; al contrario, le zone italofone sono dette “aperte” in quanto ogni persona ha relazioni con persone diverse.

Applicando la teoria di De Blasi al rapporto degli alunni con la lingua italiana, la similarità negli atteggiamenti di idiosincrasia diffusi negli alunni dialettofoni e negli alunni orientali, fa pensare che l’atteggiamento di chiusura dei dialettofoni e degli orientali, sia determinato da retroterra culturali simili, fondati entrambi su una chiusura culturale di base, e su un legame molto forte verso le proprie tradizioni locali.

 

5.6 ALUNNI INDOEUROPEI E ALUNNI AFRICANI

 

In generale, si è constatato che gli alunni indoeuropei e gli alunni africani, rispetto all’intero corpus degli alunni stranieri, sono le categorie che manifestano un approccio piuttosto positivo con l’italiano.

In particolare, gli alunni indoeuropei manifestano una propensione verso l’ascolto delle lezioni in lingua italiana.

Gli alunni africani, invece, manifestano un particolare piacere nei confronti della scrittura della lingua italiana, fascino che probabilmente deriva dalla scoperta che la lingua è un codice dotato da grafemi e non soltanto da fonemi così come vuole gran parte della tradizione orale africana.

 

 

5.7 METODOLOGIE DI STUDIO DELLA LINGUA ITALIANA

 

La scuola che emerge da questa ricerca appare ancora piuttosto legata ad un modello di didattica fondato sulla lezione frontale e sul lavoro di tipo individuale. Dall’analisi delle risposte emerge infatti che la quasi totalità degli insegnanti (il 91%) propone in maniera prevalente attività didattiche da realizzare con tutta la classe.

 

Poiché gli alunni sono i veri protagonisti del processo di insegnamento e apprendimento, in questa ricerca si è ritenuto opportuno e interessante non solo interrogare gli insegnanti sulle metodologie da loro utilizzate, ma coinvolgere direttamente gli alunni, per conoscere da loro stessi quali metodologie di studio preferiscono per apprendere l’italiano.

Dalle risposte degli alunni, emerge che il Learning Together non è soltanto una modalità evocata e sostenuta dagli studiosi per i suoi vantaggi a livello cognitivo, relazionale, emotivo, ma è la strategia didattica preferita dagli alunni stessi.

In particolare, la strategia didattica che appare favorita è quella dello studio a coppie. Tale metodologia è apprezzata dalla quasi totalità degli alunni orientali.

Al secondo posto per preferenza si colloca lo studio dell’italiano a gruppi, mentre al terzo posto si situa lo studio con tutta la classe.

All’ultimo posto nelle preferenze degli alunni si pone lo studio individuale.

Gli alunni che si dimostrano maggiormente propensi per lo studio autonomo dell’italiano sono gli italofoni, mentre coloro che si dichiarano meno disposti sono gli orientali, che nella maggior parte dei casi apprezza maggiormente i lavori di gruppo.

Concludendo, gli alunni mettono in evidenza la necessità e il desiderio di costruire le proprie conoscenze in prospettiva intersoggettiva, ossia in interazione con i pari. L’apprendimento in prospettiva sociale sembra dunque prevalere nettamente sulla didattica tradizionale.

 

5.8 UNA DIDATTICA SPECIFICA PER GLI ALUNNI STRANIERI

 

Per quanto concerne in particolare le classi plurilingue e multiculturali, gli insegnanti che sono stati interpellati in questa ricerca, ammettono di assecondare i bisogni linguistici e cognitivi degli studenti immigrati utilizzando una logica fondata prevalentemente su un modello didattico di tipo “integrativo”, in cui gli alunni stranieri imparano insieme agli alunni autoctoni.

All’integrazione diretta nelle classi, soltanto una percentuale esigua di insegnanti affianca delle forme di intervento individualizzate (sostegno all’esterno della classe, gruppi separati), concentrando gli interventi nell’ambito della produzione scritta in L2-ambito che risulta ostico per la quasi totalità degli alunni neoimmigrati (il 91% degli alunni), e per quasi la metà degli alunni che sono arrivati in Italia da un tempo superiore al biennio (il 46%).

 

Per quanto concerne invece le metodologie didattiche, gli insegnanti intervistati che utilizzano delle metodologie specifiche per gli alunni stranieri, sono in percentuale piuttosto esigua. Sono infatti soltanto il 10% circa gli insegnanti che differenziano le metodologie didattiche da proporre specificamente agli alunni stranieri.

In particolare, le metodologie di facilitazione didattica che vengono messe in atto con gli alunni stranieri sono fondate sulla diminuzione delle lezioni frontali, sull’aumento della frequenza dei lavori di gruppo e dei lavori a coppie, e sulla predisposizione di interventi individualizzati.

Raggiungono invece la metà degli insegnanti, coloro che dichiarano di attivare il laboratorio di italiano lingua seconda come ambiente privilegiato nel quale lo studente straniero può acquisire l’italiano ed accostarsi alla lingua delle discipline scolastiche.

Nella presente ricerca, le azioni facilitanti per gli alunni stranieri, oltre a riguardare il versante metodologico, coinvolgono anche l’uso del materiale didattico, che viene differenziato da quasi la metà degli insegnanti intervistati.

Oltre ai sussidi didattici tradizionali, di cui quelli più comunemente utilizzati sono il libro di testo e le schede di autoapprendimento, i mezzi didattici più utilizzati con gli alunni stranieri sono di tipo cartaceo (schede di lavoro individualizzate, schede semplificate, schede di rinforzo, schede autocorrettive).

Soltanto un’esigua percentuale di insegnanti (il 5%) integra gli strumenti didattici appena elencati con materiale codificato in lingua straniera, valorizzando quindi il mondo e la cultura dell’alunno straniero, e aiutandolo a sentirsi più partecipe, più stimato, e a sentire la diversità della propria lingua come una ricchezza piuttosto che un ostacolo o un problema.

Oltre a coinvolgere le metodologie e i materiali didattici, le azioni facilitanti degli insegnanti intervistati vertono anche sulla lingua seconda e sulla comunicazione orale, in cui particolare attenzione metalinguistica viene posta al livello fonologico.

Il lessico e la morfologia sono invece gli ambiti che vengono semplificati in misura minore, ossia ad un livello medio-alto, mentre la sintassi è l’aspetto che viene semplificato al minimo.

La maggior parte degli insegnanti, quindi, mette in atto un “adattamento dialogico” che presuppone un lavoro metalinguistico importante e necessario per aiutare un parlante straniero a capire i messaggi comunicativi in L2.

La facilitazione, oltre a coinvolgere gli ambiti appena visti (la metodologia, il materiale didattico e la lingua) chiama in causa un altro importante aspetto, quello dei contenuti.

In una classe plurilingue e multiculturale, risulta necessaria una revisione complessiva e collegiale dei contenuti disciplinari, in modo da evidenziare quelli essenziali e mettere in primo piano quelli con carattere interdisciplinare, che possono essere trattati da più punti di vista e da più docenti.

Nella presente ricerca, la maggior parte degli insegnanti interpellati (il 75%) dichiara di adottare un atteggiamento di apertura verso la conoscenza di altri popoli e culture adottando diversi punti di vista, non solo di tipo eurocentrico.

In generale, si può dunque affermare che la scuola esaminata appare impegnata in un’opera di rivisitazione e di decentramento culturale dei contenuti didattici, intenta a sviluppare un atteggiamento di relativismo culturale.

Se la scuola indagata dimostra quindi un atteggiamento di apertura verso la diversità (da non confondersi con uno sterile relativismo), tuttavia, si nota altresì una carenza in merito alla predisposizione di percorsi didattici pensati specificamente per gli alunni stranieri.

Sono infatti meno della metà (il 36%), gli insegnanti che creano dei percorsi didattici di natura interdisciplinare pensati specificamente per gli alunni immigrati per dare risposta rispetto ai loro bisogni essenziali e allo sviluppo rapido ma progressivo di nuovi bisogni legati alla scuola.

Un’altra modalità in grado di agevolare l’inserimento degli alunni stranieri, che però risulta poco frequente nelle scuole padovane (nel 25% dei casi), è data dalla predisposizione di spazi accoglienti, ossia di spazi caratterizzati dalla presenza di segnali plurilingue e multiculturali, che attivano il riconoscimento e la valorizzazione reciproca di tutti.

Una scuola che voglia definirsi interculturale è una scuola che parla in molteplici linguaggi, in quanto le diversità e le molteplici e coesistenti appartenenze di ciascuno sono una risorsa per sé e per gli altri, e sono alla base di un progetto di società che privilegia i meccanismi di partecipazione alla vita civile e democratica.

Ogni intervento di apprendimento della lingua italiana come lingua seconda deve essere inserito in un contesto più ampio di progettualità interculturale. A tale scopo è necessario mettere in campo interventi di raccordo e di costruzione di reti mediante la creazione dei rapporti con le agenzie formative presenti nel territorio, agenzie che fungono da valido sostegno al lavoro messo in campo dalla scuola nei suoi interventi di insegnamento della lingua italiana come lingua seconda.

In questa ricerca, la maggior parte degli insegnanti (il 78%) dichiara di realizzare progetti che inseriscono la scuola in ottica sistemica e integrata con altre agenzie educative (famiglia, territorio, altre scuole).

La scuola che emerge dalla presente ricerca è dunque consapevole della ricchezza e delle potenzialità che derivano da una logica collaborativa di rete, e pertanto evita l’autoreferenzialità, per offrire ai suoi utenti risorse molto più vaste.

 

 

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