Giugno 2008  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
Esempi di alternanze di codice nel discorso dell'insegnante e nella gestione delle attività di Roberta Ferroni

ABSTRACT

In questo articolo ci occuperemo del fenomeno dell’alternanza di codice in contesti d’insegnamento, la ricerca è stata condotta nei Corsi di Italiano nel Campus presso l’Università di San Paolo - Brasile. Lo studio basato su di un corpus composto da delle registrazioni effettuate nei livelli elementari, intermedi ed avanzati, ha come modello teorico l’Analisi della Conversazione. Saranno esaminati alcuni passaggi dall’italiano al portoghese parlato in Brasile prodotti dagli insegnanti.

 

 

 

1. BREVE QUADRO TEORICO

 

Sebbene molte delle ricerche condotte in questo ambito, abbiano preferito basarsi su degli approcci tradizionali, che in linea di massima si servono di schemi di codici funzionali e di conteggi sulla frequenza delle parole codificate, la prospettiva che qui intendiamo proporre si fonda sull’Analisi della Conversazione che offre rispetto al passato maggiori vantaggi dato che si sofferma anche su espressioni meno ricorrenti e attribuisce un ruolo fondamentale al contesto in cui si svolge la conversazione.

Auer (1995), rifacendosi ai concetti dell’Analisi Conversazionale, propone per lo studio delle alternanze un’analisi analitica che stabilisca prototipi di alternanze linguistiche (ad esempio discorsi riportati o riferiti dai partecipanti). Secondo lo studioso il passaggio da una lingua all’altra va inteso come un “indice di contestualizzazione” che permette all’ascoltatore di dare un significato a quanto detto grazie al contrasto che si crea fra segmenti discorsivi contigui. Per tanto la commutazione di codice è una risorsa di cui i parlanti dispongono per conferire importanza a quanto vanno dicendo nel corso dell’interazione. Data l’ampiezza dell’argomento ci dedicheremo per ora alla commutazione nel discorso dell’insegnante e nella gestione delle attività di classe.

 

 

2. STUDI SULLA DISTRIBUZIONE FUNZIONALE DELL’USO DELLA LM/LS

 

Molti degli studi che si sono occupati di questo argomento, sono stati condotti su classi bilingui di scuole americane1, pochi invece sono quelli svolti in contesti di insegnamento della lingua straniera.

Dato il cospicuo numero, daremo qui di seguito un breve saggio sui principali.

Nella maggior parte dei casi, la lingua usata in classe è stata codificata tramite sistemi di analisi dell’interazione, presentando spesso caratteri di differenti categorie funzionali. È interessante scoprire a che tipi di funzioni assolvono rispettivamente la lingua madre e la lingua straniera.

In uno studio sulla scelta linguistica condotto in classi bilingui spagnole di cinque scuole materne, adottando un facsimile del Sistema a Codici multipli di Flanders (Multiple Coding System), Lagarreta (1977) si è occupato della distribuzione funzionale dello spagnolo (Lm) e dell’inglese (Ls) riportandola a due diversi modelli: la Traduzione Simultanea2 e i Giorni Alterni3. Lagarreta ha così scoperto che il metodo dei Giorni Alterni garantisce un’uguale distribuzione fra spagnolo e inglese. Inoltre lo spagnolo è usato per animare e dare istruzioni, mentre l’inglese è usato per correggere i bambini.

In un’analisi della ripartizione funzionale di spagnolo Lm e inglese Ls durante le lezioni di educazione civica in una scuola media, Milk (1981) ha codificato il linguaggio dell’insegnante distinguendo ben otto funzioni pedagogiche fondamentali (informative, direttive, umoristico espressive, ecc.,). Da questo studio emerge che l’inglese è la lingua predominante nelle direttive (92%) e metalinguistiche (63%), mentre c’è un grande equilibrio tra le due lingue in altre funzioni (informative, espressive, deduzioni, risposte).

Qualcosa del genere è stato rilevato anche da Guthrie (1984) che ha condotto un insolito studio sulla scelta linguistica in lezioni di inglese frequentate da studenti di 11 anni americano-cantonesi provenienti da diversi livelli di padronanza dell’inglese.

Ne è risultato che le interazioni tra gli studenti più carenti in inglese e l’insegnante monolingue sono caratterizzate da una forte presenza di atti conversativi come la richiesta di attenzione, la richiesta di aiuto, la protesta, indicando una certa perdita di controllo e dell’attenzione.

I risultati di queste ricerche sembrano confermare che generalmente la lingua madre è usata per dare spiegazioni, per sollecitare la curiosità e l’interesse degli studenti e per socializzare. Questo metodo sembra particolarmente efficace con studenti che hanno poca dimestichezza con la lingua straniera.

Johnson (1983-1985) ha osservato 15 insegnanti delle classi prima, seconda e terza di 5 scuole anglo-cinesi di Hong Kong.

Le scoperte più sorprendenti dello studio sono state: primo, la pura e semplice quantità complessiva di alternanza linguistica (in media una ogni 18 secondi di discorso); secondo, il grado di variabilità fra le insegnanti (dall’assenza di alternanza fino a 389 alternanze).

Un’ altra ricerca è stata condotta da un’ insegnante che, ha tenuto per tutta la durata del corso di inglese un diario. Nel diario di Ho4 sono state annotate due esperienze di insegnamento svolte contemporaneamente per un periodo di 4 mesi. Con il gruppo A ha usato solo l’inglese, mentre con il gruppo B si è avvalsa anche del cantonese in particolare per le seguenti funzioni:

 

  • spiegazione del lessico;

  • dare istruzioni;

  • spiegare le regole grammaticali;

  • rivolgersi al singolo studente;

  • rimproverare la classe.

 

L’insegnante scrive che ha fatto il possibile per assolvere a queste funzioni anche nel gruppo A, senza ricorrere al cantonese, ma aiutandosi con gesti, espressioni del volto, immagini, esempi e parafrasi. Ho sostiene che l’assenza totale della lingua madre è un obiettivo difficile da raggiungere, soprattutto per studenti che parlano fra loro spiegandosi a vicenda i vari concetti.

Dopo 4 mesi di esperimento, l’atteggiamento di Ho verso l’uso della lingua madre è cambiato, da una specie di senso di colpa e resistenza è passata ad una forma di accettazione e piacere.

Lo studio di Lin (1990) pone l’attenzione al contesto discorsivo delle alternanze linguistiche tra Lm e Ls ed è stato condotto su 4 scuole secondarie di Hong Kong durante le lezioni di inglese. La studiosa individua varie classi di alternanza: alternanza linguistica nella strutturazione discorsiva, nella separazione dei contenuti e nella negoziazione insegnante/studente, nell’insegnamento della grammatica e del lessico.

Canagarajah (1995) ha indagato l’alternanza di codice in scuole secondarie dello Sri Lanka. Sebbene il suo interesse sia più concentrato sul piano sociologico, l’autore analizza attentamente i contesti in cui avviene più frequentemente il passaggio fra i due codici, per poi catalogarne le funzioni. Dall’indagine risulta che, mentre la Ls ha valore in quanto lingua del sapere, la Lm è utilizzata dai partecipanti solo in contesti comunicativi ed extrascolastici (discorsi regolativi, richieste di aiuto, interazioni non ufficiali).

Numerose invece sono le ricerche condotte da un gruppo di ricercatori francesi su classi di lingua straniera, spicca fra tutti Castellotti (1997; 2000; 2001), secondo la studiosa gli insegnanti ricorrono alla Lm per gestire l’organizzazione pedagogica, per fare riflessioni di carattere metalinguistico e per attirare l’attenzione della classe. Spesso l’alternanza è iniziata da allievi ma in certi casi anche da professori.

Causa (1996; 1997) mette a confronto il ricorso all’alternanza con i livelli di conoscenza della Ls, dai risultati raccolti si evince che l’uso della Lm è presente sia nei livelli bassi che alti. Se nel primo caso il ricorso alla Lm nasce da un’ esigenza comunicativa, aumentando il grado di competenza degli alunni, il passaggio si focalizza su unità lessicali.

Cambra, Nussbaum, Garabedian e Lerasle (1997) esaminano il rapporto tra alternanza di codice e stile pedagogico dell’insegnante. Per gli autori, il passaggio alla Lm facilita la comprensione di un fenomeno grammaticalmente complesso, rischiando così di considerare la lingua solo dal punto di vista morfologico e lessicale, a scapito della dimensione comunicativa.

Più recente è la ricerca di Anderson (2003) condotta su classi di lingua inglese in scuole materne, elementari e medie italiane. Dallo studio emerge che, mentre la Lm viene privilegiata nel discorso metalinguistico, la Ls spesso riveste la funzione di lingua-oggetto, cioè viene usata per illustrare le caratteristiche del sistema linguistico oggetto di studio. Il discorso regolativo che caratterizza la comunicazione in classe, si realizza sia attraverso la Lm sia la Ls, con un massiccio ricorso della Lm per richiamare all’ordine. Secondo Anderson le scelte del codice non sono date a priori ma dipendono dai membri che compongono la classe.

 

 

3. IL RUOLO DELL’ITALIANO A SAN PAOLO

 

Data l’importanza sia storica che numerica della comunità italiana in Brasile specie a San Paolo, riteniamo opportuno tracciare un breve quadro storico/linguistico per illustrare qual è l’attuale ruolo rivestito dalla lingua italiana nell’area metropolitana di San Paolo.

Secondo una stima del 1995 fatta dal Consolato Italiano, gli italiani residenti nella Grande San Paolo corrispondono a circa 5 milioni, è ovvio che queste cifre non sono del tutto certe e si riferiscono solo all’apporto etnico. L’articolo pubblicato nel 2004 sul n. IX della Revista de Italianística, dalle ricercatrici della USP Loredana Caprara e Olga Mordente, mette in risalto che ormai c’è stata da parte della comunità italiana una progressiva perdita della lingua materna, solo di recente grazie all’intervento dei vari enti e organi governativi italiani, si sta tentando di riscattarla. Solo per avere un’idea, dagli anni novanta attraverso la legge 153/1970 sono stati attivati molti corsi d’italiano presso Associazioni locali rivolti ad adulti, per quanto riguarda l’educazione permanente, dagli anni 80 è stata fondata la scuola italiana Eugenio Montale, si tratta di una scuola bilingue riconosciuta dal Governo italiano e che parte dalla scuola dell’Infanzia per arrivare al Liceo. Esiste poi il Collegio Dante Alighieri dove si insegna italiano come lingua straniera. Ci sono inoltre i vari corsi attivati dall’Istituto di Cultura e da scuole private rivolti ad un pubblico adulto. Dal 1987 l’italiano è stato inserito nei centri linguistici annessi a scuole secondarie pubbliche. A livello universitario ricordiamo i due corsi di Lingua e Letteratura Italiana presso le università statali UNESP e USP, in quest’ultima esiste anche un corso post laurea.

Ma qual è il peso che questa lingua esercita realmente nella città di San Paolo? Considerando la presenza numerica di discendenti e di italiani e il continuo espandersi di corsi e scuole di lingua, si può considerare l’italiano più come una lingua straniera o seconda?

Uno studio condotto tra gli studenti del Corso di Lingua e Letteratura italiana della USP, ha messo in luce il contesto particolare in cui si trova. Da una parte si tratterebbe di una lingua straniera dato che non è necessaria alla comunicazione quotidiana, dall’altro però si potrebbe pensare ad una seconda lingua dato che molti studenti affermano di parlarla anche fuori dall’ambiente universitario. Per superare questa dicotomia la studiosa Santoro propone di parlare di lingua etnica.

 

 

4. CARATTERISTICHE DEGLI INSEGNANTI, CORSO E CLASSI

 

La ricerca è stata condotta presso i Corsi di Italiano nel Campus della USP. Sono corsi di lingua italiana a pagamento, frequentati da un pubblico variegato. I corsi sono suddivisi per livelli: si parte dal primo livello fino ad arrivare all’avanzato, hanno una durata semestrale e generalmente prevedono 3 ore di lezione frontale a settimana. Gli insegnanti che vi lavorano sono studenti o brasiliani o italiani del corso post-laurea5. Hanno collaborato a questa ricerca 5 professori che chiameremo per iniziali, ecco qui di seguito i loro profili professionali:

A: brasiliana, laurea in Lingua e Letteratura Italiana, master, insegna italiano da 4 anni, insegnante nei livelli elementari;

B: brasiliana, laurea in Lingua e Letteratura Italiana e Portoghese, insegna italiano da 7 anni, insegnante nei livelli elementari;

D: brasiliana, laurea in Lingua e Letteratura Portoghese e Inglese, master in Lingua e Letteratura Italiana, insegna italiano da 2 anni, insegnante nei livelli intermedi;

F: italo-brasiliana, laureata in Lingua e Letteratura Italiana, master, insegna italiano da 8 anni, insegnante nei livelli avanzati;

G: italiano, laurea in Economia e Commercio, master in Lingua e Letteratura Italiana, insegna italiano da 15 anni, insegnante nei livelli avanzati.

 

 

5. TRASCRIZIONE E ANALISI DEI DATI

 

I dati sono stati raccolti tramite l’ausilio di un walkman tascabile. Si è preferito avvertire anteriormente gli insegnanti sullo scopo della ricerca. In totale abbiamo a disposizione 24 ore di registrazione effettuate nei vari livelli.

Le registrazioni sono state successivamente trascritte. Le norme utilizzate sono quelle elaborate dai ricercatori del progetto NURC6. Durante la trascrizione abbiamo ritento opportuno seguire le convenzioni di un italiano e di un portoghese graficamente corretti dato che non si analizzeranno né la pronuncia, né eventuali errori di tipo ortografico.

 

 

6. L’ALTERNANZA LINGUISTICA NEL DISCORSO DELL’INSEGNANTE

 

Mentre gli studi precedenti avevano l’obiettivo di scoprire la quantità di Lm e Ls usati nelle diverse funzioni all’interno della classe, questa ricerca vuole porre l’attenzione al contesto discorsivo delle alternanze linguistiche tra lingua madre e lingua straniera e alle sequenze in cui esse si presentano. Le domande che ci dobbiamo porre sono: quando-come-perché l’insegnante alterna l’italiano al portoghese brasiliano durante le lezioni di lingua italiana? È possibile rintracciare delle caratteristiche ricorrenti?

Un’analisi dettagliata delle alternanze linguistiche (LA) dimostra che queste non sono casuali, ma al contrario piene di significato comunicativo. In questa analisi si terrà conto della nozione di discorse-related LA (Auer, 1984), che è intesa come un mezzo per comunicare ulteriori informazioni circa l’organizzazione del discorso.

Un’importante scoperta è che l’alternanza di codice può essere usata dall’insegnante come strategia di contestualizzazione e per l’aggiunta di una comunicatività. Ad esempio, l’insegnante può cambiare lingua per mettere in evidenza ciò che sta dicendo, ovvero usare l’alternanza di codice per accantonare le sequenze precedenti mettendo in luce quella presente.

Per spiegare meglio questo concetto vediamo un esempio tratto da un livello elementare, l’insegnante sta distribuendo un gioco da fare a gruppi:

 

ESEMPIO 1

 

I avete quest’altra attività prima di iniziare l’unità quattro certo?

C sì

I allora mettete via questo:: ((togliendo dal banco di uno studente un’altra attività)) e distribuite le carte certo? il gioco si chiama l’INTRUSO… L’INTRUSO è come il MICO (2) ((una studentessa cerca di prendere la parola)) cosa Telma?

A ( )

I prestem atenção para depois não ficar perguntando tá?

(no state attenti per poi non fare domande)

 

Come si può notare mentre l’insegnante sta dando le consegne in Ls, il gruppo sembra un po’ in subbuglio tanto che uno studente sta svolgendo un’altra attività e una studentessa cerca di interrompere il discorso dell’insegnante, a questo punto l’insegnante irritata passa alla lingua madre invitando gli studenti a stare attenti altrimenti dovranno chiedere nuove spiegazioni. Detto questo l’insegnante torna alla Ls.

Il passaggio al brasiliano può essere una strategia per attirare l’attenzione degli studenti verso l’avvertimento, funziona proprio per la sua diversità. Contemporaneamente, sospendendo l’uso dell’italiano è come se venisse sospeso l’intento pedagogico.

Bisogna però notare che l’alternanza non è l’unica strategia comunicativa che un insegnante può usare. Può anche ricorrere a segnali fonetici in Ls (l’accento, la lunghezza, il tono) per dare enfasi o per marcare dei cambiamenti. Nell’esempio che segue, vediamo un’insegnante che usa un tono diverso mirato a mantenere la disciplina:

 

ESEMPIO 2

I ((confusione fra gli studenti)) DOVETE formare le coppie… la domanda con la risposta dovete abbinare allora per esempio (2) ((prendendo le carte e leggendo))

 

Dato che i gruppi stanno facendo confusione e non hanno capito la consegna, l’insegnante richiama la classe usando un mezzo prosodico. Ponendo enfasi sulla parola “DOVETE” non è necessario il ricorso all’altro codice.

In questo caso l’uso comunicativo della Ls da parte dell’insegnante ci dice come voglia evitare di rompere la continuità della lezione e del suo lavoro di “insegnante di italiano”. Sforzandosi di mantenere la coesione a livello linguistico, cerca di mantenere anche quella dell’intento pedagogico (concetto di “doppia coesione” di Auer, 1984). Questo è importante soprattutto quando l’insegnante vuole minimizzare l’effetto di una digressione di carattere disciplinare all’interno della lezione.

In altri casi il passaggio alla Lm viene utilizzato dall’insegnante anche per fare una digressione di tipo non pedagogico. Molti di questi esempi si trovano in contesti in cui l’insegnante scherza con gli studenti, si noti l’ironia dell’esempio:

 

ESEMPIO 3

I collasso… che cos’è un collasso (3) collasso è un abbassamento della pressione… arteriosa

A come?

I è un abbassamento:: della pressione:: ARTERIOSA… collasso

A ( ) é um colapso (è un collasso)

I é um colapso ((risate)) é um colapso é um COLAPSO é um COLAPSO que COLAPSO que COLAPSO ((risate))

 

L’insegnante per creare un clima più disteso, si diverte a giocare con la parola “colapso” e inevitabilmente innesca le risate della classe. Altre volte il passaggio alla lingua madre diminuisce possibili imbarazzi da parte degli apprendenti si veda l’ esempio 4:

 

ESEMPIO 4

(uno studente sta leggendo con una pronuncia non corretta, l’insegnante interviene in portoghese)

 

A il professor Angus Valac cirurgo ((leggendo ad alta voce))

I [COME?]

A [cirurgo]

I NO… cirurgo no

A cirurgo

I cirurgo também não (neanche)

<font font-size:="" 8pt"="" size="2">A chirurgo ((risate))

I RAGAZZI per favore date un’occhiata alla fonetica perché altrimenti… é de chorar (c’è da piangere)((risate della classe))

 

 

È da notare che l’esempio 4 è stato prodotto da G. che è l’unico insegnante di madrelingua italiana, l’assenza di tali commenti da parte degli altri colleghi brasiliani potrebbe forse essere collegata alla presenza di un estraneo in classe che in qualche modo ha inibito l’io persona dell’insegnante.

Per concludere possiamo dire che nel corpus non appaiono molte alternanze di tipo regolative, la cosa non deve stupirci dato che il tipo di pubblico è composto prevalentemente da adulti. Fra le strategie utilizzate dagli insegnanti per mettere in riga gli studenti abbiamo incontrato due soluzioni:

 

  1. Passare alla Lm mantenendo un atteggiamento neutro quindi non autoritario.

  2. Usare l’intonazione della voce, come un tono autoritario o di ordine.

 

Attraverso la prima opzione il clima della classe si mantiene piuttosto tranquillo, è comunque una soluzione efficace poiché il passaggio alla Lm evidenzia il contenuto dell’espressione e gli studenti prestano attenzione. Suggerisce anche l’interruzione dell’intento pedagogico e agli studenti arriva il messaggio che l’insegnante è preoccupata, ma non arrabbiata per la loro scarsa attenzione.

La seconda soluzione implica una maggiore dose di autorità. Però non conferisce al docente un aspetto dittatoriale poiché continuando ad esprimersi in Ls non si stacca dal suo ruolo di “insegnante di lingua”.

 

 

7. LE ALTERNANZE NELLA GESTIONE DELLE ATTIVITÀ DI CLASSE

 

Mentre nei livelli intermedi ed avanzati l’insegnante utilizza sempre la Ls, nei livelli elementari, dato lo scarso grado di comprensione della lingua degli apprendenti, la Ls viene usata per istruzioni routinarie e la Lm per istruzioni che presentano un più alto livello di complessità.

Per prima cosa abbiamo notato che da parte dell’insegnante c’è una certa tendenza a privilegiare la Ls per l’interazione con tutta la classe e la Lm per l’interazione individualizzata, si veda il seguente esempio tratto da un livello iniziale dove prima l’insegnante usa l’italiano per rivolgersi a tutta la classe poi dato che uno degli studenti sembra non aver capito passa al portoghese:

 

ESEMPIO 5

(livello elementare, gli studenti sono stati divisi a gruppi per fare un gioco)

 

I è… allora c’è sempre una domanda e una risposta “la camera è tranquilla?” “sì: dà sul cortile interno((leggendo le carte)) quindi si devono abbinare le domande (2) alle risposte ((rivolgendosi allo stesso studente che sembra non aver capito)) tem que sempre juntar a pergunta com a resposta formar uma dupla e aí… uma comprando do outro: tá? quem ficar com o entruso no fim perde (dovete unire la domanda alla risposta formare una coppia e comprare dagli altri chi alla fine rimane con l’intruso perde)

A sono io o:: mico ((risate))

 

Questa stessa tendenza all’interazione individualizzata si nota molto spesso anche con i gruppi, dove l’insegnante si riferisce in italiano al piccolo gruppo e in portoghese alla classe.

Un’altra osservazione riguarda l’uso della lingua madre in presenza di attività complesse, sebbene gli insegnanti preferiscono in un primo momento ricorrere all’uso dell’italiano, nei casi in cui la consegna presenta notevoli difficoltà, dopo una prima spiegazione in Ls, l’insegnante passa alla lingua madre, alcune volte servendosi di una piccola traduzione altre con delle vere e proprie sequenze in brasiliano, si veda l’ esempio:

 

ESEMPIO 6

(livello elementare, gli studenti devono descrivere un loro compagno seguendo delle indicazioni, successivamente dovranno intervistarlo per vedere se hanno indovinato)

 

 

A tenho que entrevistar? (devo fare l’intervista?)

I NO… prima prima non dovete intervistare la prima parte è un lavoro voi dovete INDOVINARE

A ah pois è (ah)

I prima è un lavoro no: voi dovete prima INDOVINARE (2) adivinhar

certo senza domandare niente (2) dopo per la seconda parte c’è l’intervista… va bene?

A bene

 

In questo caso l’insegnante aveva già fornito tutte le istruzioni in italiano, siccome gran parte della classe non ha capito decide di ripeterle in Ls questa volta però pone maggior enfasi sulla parola chiave “INDOVINARE”. Dato che non riceve un segnale preciso di comprensione allora ripete la consegna marcando la parola “INDOVINARE” poi, dopo una pausa passa alla traduzione diretta “adivinhar” ed infine ritorna all’italiano. Vediamo cosa accade quando le istruzioni sono ancora più complesse:

 

ESEMPIO 7

(livello elementare, l’insegnante distribuisce un gioco da fare a gruppi. Gli studenti devono scambiarsi le carte e formare delle coppie di senso. Vince chi riesce a liberarsi per primo da tutte le carte. Ecco la consegna data ad un gruppo mentre uno degli studenti sembra distratto)

 

I avete quest’altra attività prima di iniziare l’unità quattro certo?

C sì

I allora mettete via questo: ((togliendo dal banco di uno studente un’altra attività)) e distribuite le carte certo? il gioco si chiama l’INTRUSO… L’INTRUSO è come il MICO (2) ((una studentessa cerca di prendere la parola)) cosa Telma?

A ( )

I não prestem atenção para depois não ficar perguntando tá? então o jogo é assim... é o M::... SI CHIAMA l’intruso… CHI è l’intruso? é o mico né? quem que está com ele no fim... perde

A quem atrapalha

I è… allora c’è sempre una domanda e una risposta “la camera è tranquilla?” “sì: dà sul cortile interno”((leggendo le carte)) quindi si devono abbinare le domande (2) alle risposte ((rivolgendosi allo stesso studente che sembra non aver capito)) tem que sempre juntar a pergunta com a resposta formar uma dupla e aí… uma comprando do outro: tá? quem ficar com o entruso no fim perde

A sono io o:: mico ((risate))

 

Per prima cosa l’insegnante ripete in italiano il nome del gioco “L’INTRUSO” poi per renderlo noto a tutti passa alla traduzione “MICO”. Siccome le preme che gli alunni svolgano al più presto l’attività, rimprovera una studentessa che sta chiacchierando e lo fa in portoghese “Não prestem atenção pra depois não ficar perguntando tá?”. A questo punto l’insegnante prende la parola ma non sa se parlare in italiano o portoghese “é o M:: si chiama l’intruso”, dopo alcune esitazioni opta per il portoghese, ottenendo come risposta una sequenza in Lm. Allora riprende a dare le istruzioni in italiano solo che uno studente fa cenno di non aver capito così che ritorna al portoghese e questa volta lo fa dando l’intera spiegazione “tem que sempre juntar a pergunta com a resposta formar uma dupla e aí uma comprando do outro?”.

I gruppi iniziano a giocare ma i partecipanti non rispettano i propri turni per cui l’insegnante deve intervenire:

 

ESEMPIO 8

 

I no no attenta tu devi FORMARE… le coppie come? comprando da un compagno ((confusione)) solo che dovete aspettare i vostri turni::: é não é… ALEATÓRIO tem que esperar bem quem começa (è no non serve a niente devi aspettare chi comincia) ((voci)) aspetta un po’ quem (chi) come è::: Sergio tu compri da Lea o da Patrizia? stabiliamo l’ordine

A1 acho que de Lea (credo da Lea)

I de Lea… allora

A2 Lea compra de mim? (Lea compra da me)

A1 sim daí formamos um circulo (poi formiamo un cerchio)

A2 certo (va bene)

 

Nella prima battuta l’insegnante ristabilisce i criteri del gioco in italiano, poi per accertarsi che le regole siano state comprese le riformula in portoghese “é não é aleatório tem que esperar bem que começa”, poi ritorna all’italiano seguendo uno schema del tipo Ls-Lm-Ls che è abbastanza comune in questo tipo di alternanze, dove l’ultima battuta dell’insegnante è sempre in Ls.

Da questo esempio si capisce che quando l’insegnante percepisce che gli alunni non hanno compreso, nonostante prima ricorra a delle parafrasi in Ls o a segnali discorsivi, alla fine passa alla Lm.

 

 

8. CONCLUSIONI

 

Dalla ricerca emerge che l’alternanza di codice è efficacemente usata per separare alcuni discorsi da altri nella forma o nei contenuti. Ad esempio può essere utilizzata per contestualizzare:

 

  • Un cambio di argomento (ad esempio l’insegnante può passare dall’italiano al portoghese brasiliano per indicare il passaggio da una spiegazione ad un rimprovero, e poi tornare all’italiano per segnalare agli studenti che intende riprendere la lezione). Non sono molte le alternanze che appartengono a questo tipo di contesto dato che il tipo di pubblico è composto prevalentemente da adulti, e avvengono da parte dell’insegnante sempre mantenendo un tono neutro.

  • Per evidenziare un particolare rapporto con gli studenti (si può passare dall’italiano al portoghese brasiliano per dare un tono di amicizia al discorso, mentre quando si torna all’italiano si ristabilisce una sorta di distanza fra insegnante-studente). Da questo punto di vista, le alternanze rappresentano dalle sostituzioni (Bange, 1992), ovvero delle strategie volte alla comunicazione, realizzate in quelle lingue che permettono di esprimere al meglio i sentimenti o gli stati d’animo.

  • Per sottolineare un cambio di partecipazione, ad esempio l’insegnante che parla a tutta la classe, ad un certo punto può rivolgersi in portoghese ad un singolo studente.

  • Nei casi in cui si ha a che fare con spiegazioni troppo lunghe e complesse per la capacità di comprensione degli alunni nonché per richiamare l’attenzione.

  • L’alternanza garantisce una certa economia di tempi, il ricorso alla lingua portoghese permette all’insegnante di ridurre i propri tempi e sforzi là dove lo scopo dell’attività è diverso.

 

Alternando Lm e Ls, l’insegnante può negoziare con efficacia il proprio ruolo e la relazione con gli studenti e i diritti e i doveri. Tutto ciò le permette di essere, a seconda dei casi: arbitro ufficiale della classe, un insegnante parlante italiano, un aiutante bilingue, un consigliere e un amico.

 

 

 

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SANTORO, E., 2004, “L’insegnamento dell’italiano a San Paolo: lingua straniera o lingua seconda?”, Revista de Italianística, n. 9, pp. 129-137.

 

 

1 Sono stati tralasciati tutti gli studi che si riferiscono all’uso quantitativo della Lm e della Ls

2 La “traduzione simultanea” è un modello bilingue in cui ci si rivolge in Lm e Ls contemporaneamente.

3 Nel modello “a giorni alterni” si usa un giorno spagnolo e un giorno inglese.

4 Questo è il nome dell’insegnante.

5 Dato che non si tratta di normali corsi di laurea e che gli insegnanti sono a loro volta studenti è possibile che la loro conoscenza dell’italiano non sia perfetta.

6 Il Progetto NURC ha studiato la lingua parlata nella città di San Paolo.

 

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