Settembre 2003  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
L'utilizzo della canzone in glottodidattica di Rita Pasqui

L’UTILIZZO DELLA CANZONE IN GLOTTODIDATTICA[1]

di Rita Pasqui

 

“Sarà capitato anche a voi/di avere una musica in testa/sentire una specie di orchestra/suonare, suonare, suonare, suonare” cantavano Raffaella Carrà, Sylvie Vartan e Mina molti anni or sono in un motivetto intitolato Zum Zum Zum.

In effetti, quelle parole hanno un fondo di verità: a tutti è capitato -prima o poi- di sentir "risuonare" nella testa una musichetta, un ritornello, ascoltati magari in macchina, a casa, al ristorante, poco o molto tempo prima. Essi ci martellano al punto che ne siamo quasi “perseguitati” e li ripetiamo in continuazione, mentalmente o canticchiandoli: dagli studiosi tale manifestazione è stata definita song-stuck-in-my-head-phenomenon e viene posta in relazione, pur con opportune distanze, con la ripetizione verbale involontaria (e interiore) nota anche come Din in the head studiata da Krashen: il Din (foni, parole, frasi di una L2/LS che risuonano internamente) è per Krashen il risultato di una stimolazione del Language Acquisition Device, quando è sottoposto all'input comprensibile. Ebbene, Murphey ipotizza che anche la canzone possa agire come un attivatore del LAD.

Al di là dei complessi problemi che tale ipotesi pone dal punto di vista neuro e psicolinguistico, ciò che risulta interessante ai fini didattici è il tremendo potere della canzone di "incollarsi", di fissarsi nella mente, to stick in one's mind. La musica lascia una traccia profonda nella memoria, e di conseguenza, con essa, restano più facilmente impresse le parole che vi sono associate: non solo per un fatto di ascolti reiterati e di una ripetizione effettuata mentalmente, ma anche perché la percezione musicale inizia prima della nascita.

Nella sterminata letteratura scientifica relativa all’utilizzo delle canzoni nella didattica delle principali lingue come L2/LS (inglese, francese, spagnolo, e per il caso che più ci interessa: italiano), si percepisce immediatamente la posizione unanimemente favorevole dei glottodidatti e di molti insegnanti che hanno sperimentato l'uso delle canzoni in classe. Tale pratica è non soltanto accettata, ma anche incoraggiata, per diversi motivi, che qui vengono elencati e discussi.

 

Le ragioni per cui utilizzare le canzoni in classe

1.      Facilita la memorizzazione: a questo proposito occorre ricordare che nel metodo suggestopedico di Lozanov la musica è considerata uno strumento essenziale per il rilassamento e la concentrazione, ma in questo caso non si tratta di utilizzarla semplicemente come background per altre attività didattiche o per altri obiettivi, bensì fa parte della lezione stessa e promuove, in virtù delle rime, del ritmo e della melodia ad essa associati, la memorizzazione non solo di determinati vocaboli, ma anche di frasi idiomatiche e intere strutture grammaticali. Capita anche che gli studenti, ascoltando al di fuori del contesto scolastico delle canzoni in L2/LS che amino particolarmente, ricordino alcune parole (dinning in their heads, che “frullano” nella loro mente) pur senza conoscerne il significato: la canzone funzionerebbe pertanto come un attivatore involontario del LAD che trasforma l’input (non solo l’input comprensibile) in intake.

 

2.      Favorisce la ripetizione: diversamente dai drills, spesso noiosi e innaturali, le canzoni rappresentano un buon esercizio di imitazione che facilita l’articolazione di determinati suoni e sequenze foniche, perché la pronuncia delle parole viene guidata e facilitata dal ritmo musicale. Inoltre, la performance di gruppo insieme alla fonte aiuta anche i più timidi, poiché cantando insieme sentono meno quella paura di sbagliare che impedisce loro di comunicare correttamente.

 

3.      Stimola il riconoscimento e la produzione dei ritmi linguistici: su questo punto occorre un chiarimento. E’ stato detto da più parti, assai giustamente, che "una lingua cantata è caratterizzata da profonde modificazioni fonologiche: i fonemi si allungano o si abbreviano a seconda delle necessità musicali, il tono e il timbro di voce sono diversi e non possiamo con le canzoni dar dimostrazione dei tratti soprasegmentali, perché il ritmo dei versi è diverso dal ritmo del parlato e l'intonazione è completamente sostituita dalla melodia. Queste alterazioni, unite ad un accompagnamento musicale che a volte “copre” le parole, vanno tenute ben presenti nella scelta della canzone su cui esercitare la comprensione di ascolto, ma non inficiano l’uso di questo genere nella didattica. L'insegnante dovrà insomma, prima di proporre una canzone alla propria classe (soprattutto se di livello elementare), badare che la musica non predomini sul cantato, che la scansione delle parole sia ben percepibile (Vasco Rossi, nella sua pronuncia "trascurata", volutamente sciatta, risulterà senz’altro più difficile di Celentano) e che il cantato riproduca per quanto possibile il ritmo del parlato. Per la lingua francese, il problema della relazione tra il ritmo della lingua e il ritmo della canzone, nonché delle modificazioni fonologiche cui la lingua è sottoposta, sembra risultare più complesso che in italiano: più del 90 per cento delle canzoni popolari italiane resta fedele all’isoritmia, ovvero all’adattamento dell’accento musicale su quello poetico. Comunque, per le differenze di pronuncia, ritmo e intonazione nel parlato e nel cantato, sarebbe interessante proporre, come attività di post-ascolto, un confronto tra le frasi cantate e parlate, arricchendo così la competenza metafonologica e soprasegmentale degli studenti. Occorre infine ricordare che nella produzione, ovvero nella esecuzione corale del brano, le canzoni presentano uno straordinario vantaggio: l’allievo è costretto a seguire il ritmo della fonte, quindi a pronunciare la lingua con una rapidità che di solito evita.

 

4.      Accresce la motivazione: il “bel canto” è uno degli aspetti più evidenti nell’immagine dell’Italia all’estero, per il quale siamo stimati e apprezzati ovunque. Oltre all’opera, amata e seguita anche dai giovani in molte parti del mondo, e ad alcuni famosi cantanti lirici, sono conosciuti e apprezzati molti cantanti pop, anche se spesso i gusti degli insegnanti italiani divergono dalla communis opinio degli studenti stranieri. Le classi, ad ogni livello di età e di competenza della lingua, sono sempre entusiaste quando si può ascoltare e comprendere una canzone italiana, che rappresenta pertanto un ottimo strumento per stimolare la motivazione.

 

5.      Promuove l’interazione: l’uso delle canzoni offre straordinarie possibilità alle dinamiche di interazione tra studente-studente o insegnante-studente, soprattutto nel lavoro, guidato dall’insegnante, che precede, accompagna e segue il vero e proprio ascolto della canzone, come suggerisce anche Calvet.

 

6.      La canzone costituisce materiale autentico: a prescindere dalle canzoni appositamente create per l’insegnamento della lingua straniera, il testo scritto di una canzone o la sua versione registrata con l’accompagnamento musicale costituisce senza dubbio del “materiale autentico”, in quanto è un “testo” prodotto da parlanti nativi per parlanti nativi. Non è un testo preconfezionato per la digestione (che troppo spesso si presuppone fragile) di un apprendente una L2/LS, ma ha un contenuto per sé, insomma vive di vita propria, e dunque è più interessante dal punto di vista cognitivo e affettivo.

 

7.      Permette la presentazione di elementi culturali: che si possono elicitare dalla musica, dalla lingua, dal contenuto stesso della canzone. La canzone è una delle più diffuse forme di letteratura con cui i giovani sono in contatto e spesso i testi sono poesie di notevole qualità letteraria: pertanto, potrebbe essere un buon trampolino di lancio per suscitare ed estendere l’interesse alla letteratura tout court.

 

8.      Offre la possibilità di una sua presentazione come testo poetico scritto, come materiale di ascolto (per esercitare la listening comprehension) o come materiale audiovisuale (video-clip). L’elasticità di tale genere permette di mettere in atto di volta in volta diverse abilità linguistiche: ovviamente, ognuna delle suddette presentazioni sarà corredata da quelle attività più adatte allo scopo.

 

9.      Rappresenta un piacevole “stacco”: è nota l’importanza dell’aspetto ludico per favorire la motivazione, e con essa l’apprendimento. Le canzoni, inserite all’inizio, alla fine o nel corso di un’unità didattica (per introdurre o rinforzare un determinato argomento grammaticale, una particolare area lessicale), permettono di interrompere la routine del percorso di apprendimento e di offrire una motivazione di marca non utilitaristica, poiché la lingua straniera non serve solo per soddisfare bisogni pragmatici, ma anche per ottenere un piacere estetico.

 

10.   La canzone è polisemantica: nelle canzoni, come nella poesia, il linguaggio è ambivalente, polisemantico. Poiché il testo è una macchina pigra che richiede un fiero lavoro di collaborazione da parte del lettore, nel momento della lettura si attiva un processo di comprensione e di interpretazione analogo a quello sopra illustrato, alla cui realizzazione intervengono le conoscenze pregresse degli studenti, il loro mondo, le loro esperienze. Ciò risulta quanto mai costruttivo ai fini di una discussione in classe sulle diverse, possibili, interpretazioni del messaggio di una canzone.

 

11.   Il linguaggio musicale è “universale”: la musica che accompagna le parole è un linguaggio universale e i temi di cui spesso tratta sono comuni a tutte le culture: l’amore, la morte, la natura. In questo senso, essi sono già familiari agli studenti e permettono un confronto interculturale sui diversi atteggiamenti delle singole culture nei confronti di certi valori.

 

12.  La canzone favorisce la disponibilità a divenire ascoltatori “attivi”: nel punto 5 si fa riferimento all’interazione di classe, ma è possibile anche parlare di un’interazione “diretta” e “profonda” tra l’esecutore della canzone e gli studenti, se consideriamo, nel più vasto àmbito della teoria della comunicazione, il complesso rapporto che si crea tra interprete ed ascoltatore[2]. Infatti, da una parte assistiamo all’interpretazione “attiva” del cantante, che, attraverso elementi verbali ed extra-linguistici, permette all’ascoltatore di giungere alla comprensione del testo[3]. Dall’altra parte, analogamente a quanto alcuni autorevoli studiosi sottolineano per il processo della lettura, anche l’ascoltatore riveste un ruolo assai “attivo” nell’esecuzione (anzi, potremmo addirittura asserire che, senza il processo di interpretazione innescato dall’ascoltatore, il testo rimane un puro flatus vocis) e giunge alla comprensione del messaggio non solo grazie ai molteplici input fornitigli dall’interprete, ma anche guidato dalla propria “enciclopedia”, ovvero dal proprio mondo e dalla propria esperienza, dotando la canzone di un ulteriore personale significato aggiuntivo. In particolare, sembra che nella maggior parte delle canzoni moderne si manifesti la totale assenza di interlocutori specifici ed identificabili, mentre è evidente l’alto uso del pronome personale di prima persona singolare. Esso viene reso dall’esecuzione abbastanza ambiguo da attenuarne il valore referenziale nella mente dell’ascoltatore che non lo percepisce più come completamente appartenente al locutore. Le parole diventano allora sufficientemente impersonali da far sì che ogni ascoltatore le avverta come proprie, come espressione della propria esperienza. Questa particolare appropriazione da parte dell’ascoltatore viene poi facilitata e sostenuta anche da altre caratteristiche presenti nelle canzoni, come, ad esempio, l’alto uso di verbi senza persona espressa che solo apparentemente, come abbiamo detto, sono in prima persona, e l’alto uso del presente semplice, che sembra agire disancorato dal tempo. Questo fa sì che una canzone divenga presente ogni volta ed ovunque la si ascolti. In considerazione di questi aspetti, possiamo ritrovare una certa affinità tra il genere comunicativo della canzone e la conversazione di ogni giorno, ma nello stesso tempo le canzoni non possono essere viste come conversazioni nel vero e proprio senso della parola. Esse, infatti, posseggono una qualità pseudo-dialogica, poiché noi abbiamo accesso solo ad una parte della conversazione, e sembrano mirare a descrivere sogni idealizzati o pure intenzioni nell’agire, mentre questo accade in misura minore nella conversazione. Infine, la mancanza di precisi referenti di luogo e tempo fa sì che l’ascoltatore interpreti gli stessi sulla base dell’hic et nunc della propria situazione di ascolto. Dunque, il riconoscimento dell’importanza di tutte queste dinamiche presenti nel mutuo scambio tra cantante ed ascoltatore attivo non fa che ribadirci l’importanza di un’utilizzazione della canzone in campo glottodidattico, in termini di accentuazione delle capacità di comprensione, di interpretazione e di produzione degli studenti, i nostri “ascoltatori”.

 

Criteri di scelta dei tempi

Quando utilizzare le canzoni? Posto che, in obbedienza al principio in base al quale è giusto anche godere l’art pour l’art, la canzone può essere un ottimo, mero momento di svago[4], tuttavia essa può mantenere una sua capacità di rilassamento ed una valenza ludica anche quando, presentata all’interno di una lezione, richiede una certa partecipazione degli studenti nelle attività ad essa congiunte. E’ consigliabile trovare una canzone il cui contenuto si integri armoniosamente con i temi trattati in classe ed inserirla nell’arco di tale trattazione. Nessun materiale dovrebbe essere introdotto in classe “for Fridays only”, ovvero alcune valide opportunità di apprendimento sono erroneamente relegate al venerdì o alla vigilia delle vacanze, né, per converso, è consigliabile inserire sistematicamente le canzoni nell’orario settimanale, azzardiamo un suggerimento quantitativo: dedicare alle canzoni il 10% della durata complessiva di un corso, che equivale, ad esempio, in un corso di 150 ore, a 15 canzoni con un’ora di lavoro per ciascuna. Naturalmente, si tratta di un’ipotesi, poiché la frequenza, le occasioni, i tempi cambiano in base a molte variabili: età e interesse degli studenti, tipo e durata del corso, finalità e obiettivi del corso, organizzazione e contenuto del sillabo, nonché condizioni logistiche: presenza dei sussidi glottotecnici indispensabili, ambiente adeguato.

 

Parametri di scelta delle tipologie

Infine, occorre riflettere su un’ultima questione: quali canzoni utilizzare? Non è semplice schematizzare i criteri di scelta. Propongo qui una distinzione basata su tre punti di vista:

a)     DESTINATARI

b)     CARATTERISTICHE INTRINSECHE alla canzone

c)     OBIETTIVI dell’insegnante

 

 

a)     DESTINATARI

 

1.      Il livello di competenza linguistica degli studenti

Si sceglieranno canzoni più brevi, con strutture grammaticali semplici, pronuncia italiana –per così dire- standard, ritmo lento, lessico (possibilmente ad alta frequenza) ricorrente, ripetizione di interi versi, per corsi elementari; canzoni più lunghe, con grammatica e sintassi più complessa, pronuncia anche regionale, ritmo più veloce, lessico più ricco e temi più complessi per corsi di livello intermedio e avanzato. Per fare due esempi concreti, Ci vuole un fiore risulta adatta per principianti, poiché la struttura che si ripete continuamente è “per fare… ci vuole…”, il lessico è concreto, esemplificabile anche con oggetti effettivamente presenti in classe o con immagini (metodo ostensivo), il ritmo abbastanza lento (anche se forse destinatari adulti potrebbero giudicarla “infantile”), oppure Com’è bella la città di Giorgio Gaber, che presenta un’area lessicale alquanto compatta, mentre il veloce rap di Jovanotti, i brani da “cantastorie” di De André (con la presenza frequente del passato remoto), o del “menestrello” Branduardi sono più adatte per studenti di livello avanzato.

 

2.      Il background culturale degli studenti

E’ necessario valutare, nella scelta del brano, anche le conoscenze pregresse dei destinatari, guardando non soltanto all’entità del loro “dizionario”, ma anche allo spessore della loro “enciclopedia”. Risulterebbe difficile, presentando ex abrupto La terra dei cachi di Elio e le Storie Tese, per studenti anche di livello avanzato, cogliere il sottile sarcasmo del brano nei tanti giochi di parole (la pinza nella panza, la pizza e il pizzo), figure retoriche (abusi sessuali abusivi) e nei riferimenti ironici (per esempio, a due canzoni sanremesi: “Papaveri e papi” e “Una lacrima sul visto”) senza avere non solo un ottimo livello linguistico, ma anche la conoscenza pregressa di certe contemporanee vicende di Tangentopoli (appalti truccati) o logiche elettorali (il sistema maggioritario: “puoi dir di sì, puoi dir di no”).

 

3.      Gli interessi dei destinatari (che variano anche con l’età)

E’ preferibile sondare l’interesse degli studenti ed assecondarlo, trovando canzoni che abbiano un rapporto con il loro vissuto, con le loro preoccupazioni attuali, in cui si possano identificare. Le canzoni folcloristiche o tradizionali, ad esempio, ricevono un’accoglienza tiepida, scarsamente entusiastica -da parte dei giovani soprattutto-, perché sono considerate “sorpassate”, nella musica e nelle idee. Gli studenti, in genere, apprezzano molto l’attualità della musica (i giovani amano il rock, il rap, ma anche la canzone melodica) e del tema trattato. A volte si può intervenire anche su tematiche che rientrano nell’ambito dei loro studi (ad esempio, per studenti universitari di italianistica, il sonetto di Cecco Angiolieri S’i’ fosse fòco che De André musicò nel 1969 o, per studenti anglofoni interessati alla interpretazione poetica e traduzione, la riscrittura dello stesso De André di alcune poesie di Edgar Lee Masters[5])

 

4.      I gusti degli studenti

L’insegnante dovrà tenere in considerazione anche i loro gusti (oltre che il proprio). Per questo potrà sondare le preferenze nell’ascolto delle canzoni in L1 e tenere conto di quanto gli studenti stessi suggeriscono. Per far ciò, il docente dovrà discuterne prima in classe e trovare un compromesso tra i desideri della maggioranza della classe e tutti gli altri criteri di scelta che dovrà comunque valutare (linguistici e pedagogico-didattici)

 

 

b)     CARATTERISTICHE INTRINSECHE alla canzone

 

1.         Il contenuto culturale

E’ molto importante soffermarsi sul contenuto della canzone soprattutto quando presenta aspetti della vita italiana o riflette particolari problemi sociali e periodi storici (ad esempio, I vecchi di Claudio Baglioni sul problema degli anziani, L’italiano di Toto Cutugno e W l’Italia di De Gregori per il diverso atteggiamento nei confronti degli stereotipi sull’italianità, La terra dei cachi di Elio e le Storie Tese sulla malasanità e altri problemi dell’Italia)

 

2.         La dimensione interculturale

Il contenuto della canzone risulta in alcuni casi particolarmente interessante per un confronto interculturale: a solo titolo esemplificativo, I maschi di Gianna Nannini, Quello che le donne non dicono e Uomini piccoli di Enrico Ruggeri permettono di introdurre un confronto interculturale sul rapporto uomo-donna.

 

3.         La lingua della canzone nei suoi aspetti fonetici, morfo-sintattici e lessicali, nonché nelle sue varietà sociolinguistiche:

(a)  Le strutture grammaticali presenti nel testo

(b)  La ripetitività, ovvero la ricorrenza di parole, stilemi e frasi

(c)  La presenza di tratti dialettali o di un italiano regionale: canzoni in napoletano (Pino Daniele o Teresa De Sio), in romanesco (Antonello Venditti), in milanese (Enzo Jannacci) sono più adatte per classi di livello avanzato.

(d)  La presenza di un lessico rispondente agli obiettivi di insegnamento/apprendimento, possibilmente riconducibile ad uno stesso campo semantico, per facilitarne la memorizzazione

 

4.         L’ isoritmia, cioè la sostanziale coincidenza del ritmo musicale e del ritmo linguistico, ovvero  la fedeltà al ritmo del parlato

 

5.         L’orecchiabilità, per una più efficace memorizzazione della melodia e della parole

 

 

c)     OBIETTIVI dell’insegnante

E’ impossibile riassumerli in un elenco esaustivo. A solo titolo di esempio:

 

1.      Se l’obiettivo consiste nel rinforzo di certi argomenti grammaticali, occorrerà fare la scelta appropriata, individuando una canzone che li contenga ampiamente o che possa essere sfruttata per un esercizio di questo genere. E’ la scelta più comunemente operata dagli autori di manuali e dagli insegnanti nella costruzione delle unità didattiche basate sulle canzoni: ad esempio, per introdurre o ripassare l’imperfetto, si sceglie Nel blu dipinto di blu oppure Quattro amici di Gino Paoli, per il futuro Con te partirò di Bocelli, e così via.

2.      Alla stessa maniera, se l’insegnante si propone di rinforzare certe funzioni linguistiche (persuadere, lamentarsi, ordinare) dovrà individuare la canzone più appropriata.

3.      Se l’obiettivo riguarda lo sviluppo delle abilità linguistiche (ascoltare, parlare, leggere e scrivere), la scelta potrà ricadere sulle canzoni e sulle attività di corredo al brano musicale che maggiormente si prestano allo scopo. Ad esempio, L’anno che verrà di Lucio Dalla –il cui incipit è “Caro amico ti scrivo”- o la più vecchia Lettera a Pinocchio di Johnny Dorelli sono un buon punto di partenza per un’attività di scrittura della lettera informale.

4.      Se l’obiettivo riguarda l’ampliamento o il rafforzamento del vocabolario, il docente dovrà individuare il testo contenente i termini o i campi semantici che interessano. 

 

 


 

[1] Estratto della tesi del Master Itals, dicembre 2002, interamente consultabile da novembre 2003 nel sito del Postmaster http://helios.unive.it/%7Eitals/post/index.php.

 

[3] Il rapporto cantante-ascoltatore si fa ancora più complesso nei concerti dal vivo, poiché l’interprete compie, ad ogni esecuzione, delle scelte diverse e ciò si traduce concretamente in un cambiamento della melodia o addirittura del vocabolario e della sintassi del testo, che in tal modo perde la propria astrattezza e oggettività e svela il proprio carattere di flessibilità, creando, di volta in volta, un effetto diverso nell’ascoltatore.

[4] Vd. supra, punto 9.

[5] S’i’ fosse fòco è contenuto nell’album FABRIZIO DE ANDRE’ volume 3° del 1969, mentre l’intero album Non al denaro, non all’amore né al cielo del 1971 contiene la rielaborazione di alcune poesie dall’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters (musiche di De André e Nicola Piovani)

 

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