Novembre 2006  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
Principi e principesse: la fiaba e l'adulto. Ipotesi di un percorso autobiografico come strumento per una reale integrazione delle civiltà 'altre' di Maura Della Valentina

ABSTRACT

Le fiabe si rivelano un eccellente mezzo per arrivare, attraverso l’elaborazione dei significati simbolici in esse contenuti, al racconto autobiografico, poiché presentano percorsi evolutivi e narrano di ciò che può accadere nel processo di ‘crescita’ di ciascuno. Esse possono divenire un modo per promuovere percorsi formativi di scoperta, di conoscenza, di dialogo e di incontro con il proprio mondo interiore e con gli infiniti mondi fuori da sé, facendoci viaggiare in luoghi e spazi lontani e ‘altri’ e consentendoci di entrare in contatto con usanze, tradizioni, riti e miti di altri popoli. L’utilizzo di tale genere letterario offre la possibilità di promuovere un reale avvicinamento e un incontro fra le culture.1

 

1. LA FIABA

 

L’utilizzo della fiaba fa presa e si innesta su un terreno culturale che non conosce limiti geografici.

Tutti coloro che si sono dedicati allo studio di quest’affascinante materia concordano nell’affermare che non esistono fiabe che possano essere ascritte a precisi confini nazionali.

Esistono piuttosto dei motivi ricorrenti che sono presenti in qualsiasi parte del globo, in qualsiasi epoca.

Questione di estrema rilevanza, dalla quale non è possibile prescindere, è la considerazione che la fiaba non è solo testo scritto, ma è, soprattutto, narrazione. Ed è proprio l’oralità a conferirle quei tratti di ‘magica’ unicità. Essa rappresenta altresì la vitalità, l’energia ed il motore di quel suo continuo rinnovarsi e adattarsi a sempre nuovi contesti (geografici e storici).

Questo straordinario connubio fra scrittura e oralità chiarisce poi come la fiaba sia una produzione caratteristica anche di popolazioni che hanno tradizioni prettamente ed esclusivamente orali, in cui la cultura si trasferisce, viene tramandata di bocca in bocca.

Come spiega Bettelheim (1995: 29-30), il mito, la novella popolare e la fiaba costituiscono, nella loro totalità, la letteratura delle società preletterate. Alcune fiabe e storie si evolsero dai miti, altre si incorporarono in essi. Entrambe le forme racchiudevano l’esperienza globale di una società, per ricordare la saggezza degli antichi a proprio beneficio e trasmetterla alle future generazioni. In sostanza, le fiabe ci restituiscono le profonde intuizioni che hanno sostenuto l’umanità attraverso le vicissitudini della sua esistenza.

Oltre a ciò, prosegue Bettelheim (1995: 38), illustri studiosi e pensatori di tutto il mondo, che hanno indagato le fiabe e i miti da un punto di vista filosofico o psicologico, si trovano concordi nel descrivere le fiabe come “modelli per il comportamento umano” che, come tali, danno significato e valore alla vita. Tracciando paralleli antropologici, essi suggeriscono che miti e fiabe derivano da – o esprimono simbolicamente – riti d’iniziazione o di passaggio. Questi riti rappresentano la morte metaforica di un’individualità vecchia e inadeguata che serve a farla rinascere a un piano superiore dell’esistenza.

Si tratta dunque di un genere letterario che non ha confini geografici, che abbraccia tutte le culture della terra; che trascende qualunque età, rivelandosi adatto a qualsiasi generazione o tappa evolutiva della vita di ciascuno.

 

 

2. IL CONTESTO

 

L’impulso e il motore di questo studio procedono dalle caratteristiche socio-culturali della realtà in cui la maggior parte dei docenti che insegnano l’italiano come lingua seconda si trova a vivere e a svolgere tale professione. È in questo preciso contesto che si inseriscono le riflessioni e le questioni che seguiranno.

 

 

2.1 VIVERE O SOPRAVVIVERE?

 

Il fenomeno dell’immigrazione è composito ed estremamente complesso e ciascuna realtà nella quale esso si inserisca sviluppa dei tratti distintivi che non è possibile far rientrare in schemi o statistiche.

Vi sono, tuttavia, alcune caratteristiche che potremmo definire ricorrenti.

La maggior parte degli uomini e delle donne immigrati venuti a vivere e a cercare un lavoro in Italia non ha alcun tipo di contatto né con l’ambiente né tanto meno con la popolazione locale.

Ciascuna comunità vive isolata e avulsa dal contesto in cui risiede e vi sono uomini e donne che, pur vivendo in questo Paese già da molto tempo – magari anche da uno svariato numero di anni –, ancora non parlano l’italiano e, pertanto, non sono in grado né di comunicare né di interagire con la realtà che li circonda.

 

 

2.2 LA CANCELLAZIONE DELLA MEMORIA

 

Entrando più nel dettaglio, si intende ora mettere in luce un aspetto molto significativo che emerge da un’osservazione dello scenario italiano.

Sovente, nelle questioni che fanno riferimento all’immigrazione, si ricorre all’uso della metafora della ‘casa’, secondo cui agli stranieri verrebbe attribuito il ruolo di ‘ospiti’. Tuttavia, lo specifico contesto odierno, caratterizzato dalla coabitazione di popoli appartenenti a culture di matrice diversa, rende evidente la contraddizione tra la realtà dei fatti e la percezione della stessa, dal momento che l’ospitalità è cosa ben diversa dalla convivenza. La suddetta metafora rivela un pericoloso malinteso in cui ciascun individuo –e non fa alcuna differenza che si tratti di stranieri o di nativi, qualunque sia il Paese di provenienza – rischia di imbattersi.

Viaggiare – ovvero il compimento di quell’impresa da cui non si può sapere anticipatamente se e come si farà ritorno – significa certamente cercare di comprendere e vivere mondi e modi altri dal proprio. Per far ciò si interroga e ci si interroga, si chiede di raccontare e si resta in ascolto. Se però al viaggiatore viene attribuito il ruolo di ‘ospite’ si corre il rischio di inceppare questo interessante meccanismo.

Analizzando infatti più dettagliatamente i termini della metafora (‘casa’, ‘ospite’) emerge l’equivoco che da essi viene innescato.

Innanzitutto, l’ospite, per definizione, vive una condizione caratterizzata da precarietà, temporaneità e provvisorietà. Non vi può dunque essere progettualità – se non a breve termine –, coinvolgimento – profondo – né, tanto meno, interesse reale per un contesto che presto verrà abbandonato.

L’altro aspetto del malinteso, insito nel concetto di ospitalità, è che tale condizione non contempla la possibilità di regole alternative a quelle vigenti: vi è un solo modo di intendere e vivere la realtà e non vi possono essere scambi o contaminazioni di alcun genere. Se si intendesse questa metafora alla lettera, ne conseguirebbe che, per realizzare il proprio progetto di vita in un luogo diverso da quello di origine, si sarebbe costretti ad ‘adattarsi’ e ‘assimilarsi’ a un’unica visione e, pertanto, ad uno stereotipo di identità, cancellando e negando ogni traccia della propria matrice culturale e svilendo la qualità dell’apporto che ciascun individuo può dare all’evoluzione della civiltà contemporanea.

Al contrario, convivere significa condividere, ‘contaminarsi’ secondo una logica integrativa e non annullatrice. Laddove il senso di una cultura è forte, non ci può essere la paura della perdita. Allo stesso modo – dal momento che, come si è detto all’inizio, l’equivoco riguarda entrambe le parti – è inconcepibile che l’unico modo di vivere una realtà differente debba per forza passare attraverso l’azzeramento delle proprie specificità, in un’ansia di accettazione che si alimenta di una fantasia di annientamento, riflesso di un concetto assimilazionista ed etnocentrico.

Una cultura non si cancella solo perché numericamente inferiore. L’interesse per la differenza, in qualsiasi contesto, dovrebbe sempre trovare una corrispondenza, una reciprocità che conferisca pari dignità a ciascun modo di vivere.

Per concludere, potremmo pertanto dire che: se si nega la convivenza – e quindi la differenza – all’ ‘ospite’ non resta che farsi ‘identico’ – cancellando così la propria memoria, negando la propria matrice culturale. E a chi viene attribuita un’identità, un’appartenenza codificata, non si può certo chiedere di raccontare e di raccontarsi!

 

 

2.3 IL CONCETTO DI IDENTITA'. IDENTICI O PARTICOLARI?

 

A questo punto appare necessario introdurre un chiarimento rispetto al termine ‘identità’, che nella metafora della casa e degli ospiti evoca una fantasia di ‘uguaglianza’.

L’analisi linguistica può, anzi deve, aiutarci a chiarire dei malintesi dei quali spesso non ci si avvede.

Consultando il Dizionario Etimologico della lingua Italiana (1999, a cura di Manlio Cortellazzo e Michele A.Cortellazzo), il termine identità rimanda alla voce identico.

Si riportano di seguito le definizioni attinenti a questo vocabolo.

idèntico, agg. ‘completamente uguale’ (1639, B. Fioretti)

identificare, v. tr. ‘considerare identico’ (av. 1729, A. M. Salvini)

identificarsi, v. rifl. ‘sentirsi identico a un’altra persona’ (av. 1835, M. Delfico)

identità, s. f. ‘uguaglianza completa e assoluta’ (1385, F. Buti), ‘qualificazione di una persona, di un luogo, di una cosa, per cui essa è tale e non altra’ (1673, G. De Luca; av. 1712, L. Magalotti)

crisi d’identità ‘fase di diversa gravità, che un individuo (o un gruppo) attraversa, nel processo di maturazione, per sentirsi partecipe della società nella quale è collocato’ (1975, G. Berlinguer, La Sardegna attraversa una “crisi d’identità”, in “Rinascita” del 2 maggio)

Riprendendo i termini della metafora della casa e degli immigrati percepiti come ospiti, ci si rende conto che, ben lungi dall’intraprendere un cammino di ricerca, di inclusione, e negoziazione, si escludono e si eliminano – azzerandole – le peculiarità, la portata culturale di ciascun individuo, in una prospettiva assimilazionistica che si propone di livellare ogni cosa.

In altre parole, si può riscontrare una sorta di dissolvimento dell’individualità nella collettività. Gli attributi, le particolarità del singolo sono considerati identici a quelli di qualsiasi altro soggetto.

Tutto, insomma, pare essere identico, uguale a se stesso e agli altri. Si dà per scontato che non ci possano essere rilevanti contributi da parte di chi proviene da luoghi ‘Altri’, come se si volesse – e si potesse! – negare e cancellare il valore e la portata culturale di intere civiltà.

In questa attribuzione di un’identità, di una fissità, c’è già impresso il marchio di un destino. [1]

Identità, dunque, è un termine che va rivisto e rinegoziato, poiché ciascuna individualità è in continuo divenire ed è di fondamentale importanza per il contributo che può offrire all’evoluzione di ciascuna altra individualità.

Vorrei concludere citando Duccio Demetrio (Demetrio, 2001: 52-57), quando afferma:

 

[...] è necessario che l’identità ci appaia dunque sempre nel suo essere una categoria mentale, un’indicazione linguistica, che esprime un divenire. [...] e il lavoro educativo ha allora proprio il compito di stimolare e accompagnare quanto non esprime mai una qualche fissità, bensì un’eterna differenziazione. Un distacco, un abbandono dello stato precedente. La separazione – volenti o nolenti – è quindi caratteristica dell’identità umana che si sperimenta nel corso di una sola vita. [...] l’educazione interculturale deve educare a scegliere, e si può iniziare per tempo, non con una logica binaria: questa o quella cultura, operazione illusoria e ridicola se posta in questi termini, bensì negoziale. L’insegnante mosso da valori interculturali ha il compito precipuo di facilitare scelte multiple e non più contrappositive.

 

Riuscire in questa operazione diviene possibile mediante il distacco dai nostri schemi ideologici, dai nostri vincoli cognitivi, dai valori da noi attribuiti, dalle sicurezze acquisite. Solo così saremo in grado di accogliere l’identità dell’ ‘Altro’ e ritrovare insieme nuovi significati.

 

 

2.4 DALL' OSPITALITA' NEGATA AL RACCONTO AUTOBIOGRAFICO VERSO UN'INEDITA INTEGRAZIONE CULTURALE

 

A fronte di tutte queste ragioni si avverte l’esigenza di portare alla luce ciò che normalmente viene tenuto in ombra.

Ciascun docente, nel corso della propria esperienza, lavorando con classi miste sia per provenienza sia per competenza linguistica, ha modo di notare come molti allievi, persino con mezzi linguistici assolutamente rudimentali, riescano ad interrogarsi circa questioni culturali, o come, in altre circostanze, nasca in loro la necessità di raccontarsi agli altri. Ed è addirittura straordinaria la disposizione all’ascolto che ciascuno di essi dimostra, il rispetto e la capacità di negoziazione che emerge nel corso delle conversazioni che nascono spontaneamente nello svolgersi delle lezioni.

La narrazione, dunque, che parte sì da un livello autobiografico, ma che comprende in sé un intero sistema culturale (di una civiltà) dal quale discende, diventa una necessità che – e lo si percepisce in maniera netta – si fa a momenti impellente.

Il racconto autobiografico, infatti, non è solo la storia personale: è il recupero di una memoria fortemente caratterizzata a livello culturale, filtrata e mediata certamente dalla persona, che esprime mondi e modi differenti di percepire e vivere la realtà. Sta agli attori di tale scenario (e per attori si intende tutti coloro che si ritrovano a condividere questo tipo di esperienze) cogliere i segnali che indicano la strada da seguire in questo processo irreversibile originatosi dall’incontro di civiltà che hanno intrapreso un percorso comune – che sarebbe oramai obsoleto definire ‘mio’ o ‘tuo’.

In questo senso, la fiaba può rivelarsi un eccellente mezzo per dare spazio al raffronto tra culture diverse, tra sistemi mentali che originano concezioni di vita differenti. La voglia di raccontarsi e di raccontare svilupperà l’energia necessaria per alimentare i vari percorsi.

Nel contesto di insegnamento dell’italiano L2 ad immigrati con bassissima scolarizzazione e che provengono da zone ove la cultura è prevalentemente orale, una tale proposta è peraltro realizzabile secondo un tipo di modalità che, oltre a risultare loro molto familiare, può confermare la validità dell’educazione ricevuta nella propria lingua madre, rinforzando ulteriormente il concetto di appartenenza culturale.

La narrazione della fiaba, tra le altre cose, rappresenta uno dei primi canali attraverso cui apprendiamo sia la lingua sia le prime conoscenze del mondo e dei nostri conflitti interiori.

Ma in che modo la fiaba offre la possibilità di intraprendere un percorso autobiografico? Rispetto al bambino, come è noto, questo genere letterario interviene rappresentando simbolicamente – e rendendo manifesti a livello inconscio – i conflitti che egli sta attraversando e dandogli il conforto che con la maturità acquisirà gli strumenti per risolverli.

Ma la difficoltà non appartiene esclusivamente all’infanzia.

Bettelheim afferma che il significato della fiaba è diverso per ciascuna persona, e diverso per la stessa persona in momenti differenti della sua vita. Essa, sostanzialmente, serve a far elaborare vecchi significati o a sostituirli con significati nuovi.

La fiaba, dunque, è l’espressione, la narrazione dei conflitti che ciascun uomo, ciascuna donna si trova ad attraversare nell’intero arco della propria vita. La risoluzione del conflitto coincide con la rinascita di un’individualità nuova, trasformata, che ha acquisito i mezzi per rispondere in maniera adeguata alle esigenze che la vita impone.

Con l'adulto, quindi, si potrebbero costruire una serie di percorsi che agiscano in senso inverso rispetto al bambino e in modo più esplicito: partendo dalla narrazione letta/ascoltata della fiaba, si cercherà di creare degli stimoli per arrivare alla produzione di un racconto scritto/orale autobiografico attraverso cui indagare ed individuare le tappe e le questioni fondamentali che riguardano l’esistenza di ciascuno, ossia, quelle che, attraverso la risoluzione dei conflitti, conducono all’elaborazione di nuovi significati.

La scrittura, in fondo, ci porta sempre ad indagare rispetto a questioni che ci riguardano, chiarendoci e rendendo manifesti i nostri conflitti e facendoci sondare i meandri inconsci del nostro itinerario evolutivo.

 

 

3. LA FIABA NELLA DIDATTICA DELL'ITALIANO AD ADULTI

 

Come è stato precedentemente illustrato, la fiaba si rivela un eccellente mezzo per arrivare, attraverso l’elaborazione dei significati simbolici contenuti nelle storie, al racconto autobiografico. E proprio rispetto alla questione dell’autobiografia, Duccio Demetrio (2004: 21, 22, 206-207) afferma:

 

L’autobiografia è faccenda adulta [...] Ogni autobiografia scritta o narrata, reale o immaginaria, umile o leggendaria è contrassegnata dal numero e dalla qualità delle variazioni ad essa impresse a opera del suo autore. [...] non esiste una formazione all’età adulta; la formazione ricomincia sempre tutte le volte che accettiamo i cambiamenti, andiamo verso l’ignoto, riproduciamo esperienze e sensazioni non tanto per confermare le opinioni precedenti ma per scoprirne il lato sfuggito all’attenzione la prima volta. L’autobiografia ci invita a guardarci indietro e allo stesso tempo avanti se la viviamo come itinerario di apprendimento continuo.

 

 

3.1. L'USO DEL VIDEO E LE METE GLOTTODIDATTICHE

 

L’uso del video [2], com’è noto, è in grado di attirare l’attenzione degli studenti e di creare una motivazione alta. Ciò accade anche perché a questo tipo di attività viene associata l’idea di qualcosa di piacevole e di rilassante.

Una delle peculiarità e dei vantaggi di questo tipo di materiali è la presenza di immagini. Il loro rapporto con il codice verbale, la maggior parte delle volte, può essere d’aiuto alla comprensione del testo, sia perché esse presentano visivamente un contesto, sia perché fanno perno sulla dinamica situazionale. Si fa appello, dunque a dinamiche di anticipazione: i discenti possono attingere alla loro enciclopedia di conoscenze universali. Tutto ciò può avere un effetto ridondante, confermando ciò che viene espresso dal messaggio ascoltato. [3]

Il mezzo audiovisivo contribuisce altresì a creare un clima di apprendimento sereno e ad abbassare il filtro affettivo.

Rimane tuttavia fondamentale la fase di preparazione di materiali atti a guidare i discenti nel percorso glottodidattico di cui il docente ha prestabilito mete ed obiettivi. Le attività possono variare e spaziare in un’infinità di percorsi, da quelli più strettamente linguistici ad altri che mirano ad una conoscenza molto più ampia, sia in campo culturale, che letterario.

Come sostiene Balboni (1994: 32-36), infatti, non dobbiamo dimenticare che insegnare la lingua con un approccio formativo-comunicativo, ovvero con una funzione educativa e non solo strumentale, significa perseguire due importantissimi obiettivi dell’insegnamento linguistico: quello educativo e quello glottodidattico, che sono mete a lungo termine e non solo obiettivi immediati.

Le mete educative dell’educazione linguistica sono tre e rimandano ai tre poli dell’interazione umana: “Io”, “Io e Te”, “Io e il Mondo”, ovvero: la culturizzazione (che include l’inculturazione e il relativismo culturale); la socializzazione e l’autopromozione.

Le mete glottodidattiche si articolano in due blocchi: lo sviluppo della competenza comunicativa nella lingua straniera e lo sviluppo della competenza matetica. [4]

 

 

3.2 IL VIDEO PRINCIPI E PRINCIPESSE

 

Il regista Michel Ocelot ha dedicato la sua vita professionale ai film d’animazione.

Principi e Principesse è la storia di due ragazzi che amano ritrovarsi ogni sera in un cinema abbandonato, in compagnia di un anziano tecnico. Seduti davanti ad una specie di computer, i due personaggi inventano delle storie e poi si documentano sui costumi e sulle ambientazioni necessarie alla messa in scena, ricreandoli per mezzo di un ingegnoso quanto avveniristico macchinario. Ed infine le sei fiabe, ambientate in altrettante epoche e luoghi, prendono forma sullo schermo. Per la realizzazione del film, Ocelot ha scelto la tecnica del teatro delle ombre. Con sagome nere ritagliate, uno schermo e giochi di luci colorate ha creato un mondo suggestivo e originale. [5]

 

 

3.3 L'EPISODIO PRINCIPI E PRINCIPESSE

 

Il regno della trasformazione

 

Questa fiaba incomincia nel modo in cui solitamente le storie finiscono. Un principe e una principessa si abbracciano e si baciano. Ma, catastrofe! I loro baci sono pericolosi. A ogni bacio il principe e la principessa si trasformano in differenti animali. Finalmente, bacio dopo bacio, il principe diventa una principessa e la principessa un principe. La principessa è piuttosto contenta: a lei spettano così le parti delle cacce e delle battaglie. Al contrario al principe…ma questa è un’altra storia.

Sembra che egli non ami troppo il ricamo…..[6]

 

Questo episodio del video di Ocelot rappresenta la questione della trasformazione per antonomasia. Trasformazione, metamorfosi, cambiamento: tutti termini di cui è intriso ciascun episodio di questo straordinario video. Se vogliamo analizzare sotto questa luce le sei fiabe, ci accorgeremo infatti che, dopo ciascun incontro, ogni cosa muta.

La trasformazione è la premessa necessaria alla vita. Il contrario è l’immobilità, lo svilimento della vitalità. È necessario essere pronti a trasformarsi, modificarsi continuamente, pena la morte!

Calvino (Calvino, 2001: 38-39), indagando intorno alla fiaba, dice:

 

Sono, prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta e sempre varia casistica di vicende umane, una spiegazione generale della vita, nata in tempi remoti e serbata nel lento ruminio delle coscienze contadine fino a noi; sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna, soprattutto per la parte di vita che appunto è il farsi di un destino: la giovinezza, dalla nascita che sovente porta in sé un auspicio o una condanna, al distacco dalla casa, alle prove per diventare adulto e poi maturo, per confermarsi come essere umano. E in questo sommario disegno tutto; [...] e soprattutto la sostanza unitaria del tutto, uomini bestie piante e cose, l’infinita possibilità di metamorfosi di ciò che esiste.

 

Le metamorfosi che il nostro principe e la nostra principessa attraversano li conducono infine a un ribaltamento dei ruoli. Il viaggio è andato davvero al di là di ogni immaginabile confine. Un’esortazione, un invito, probabilmente, a cercare di sondare il femminile ed il maschile in ciascuno di noi, ma anche a cercare di cambiare prospettiva. Solo così l’avventura continua. Il principe è un po’ più restio, ma la principessa non ha paura, sa che il cambiamento non rappresenta una minaccia. E le individualità, infatti, non sono andate perdute: il principe è pur sempre la principessa: non l’ha dimenticato e nemmeno lo rinnega.

Pertanto, secondo quest’ottica, sono banditi gli stereotipi di maschile e femminile. Viene piuttosto indicata la possibilità di una relazione tra individui libera da ruoli codificati dalla tradizione o validi in assoluto.

 

 

4. PRINCIPI PER LA REALIZZAZIONE DEL MATERIALE DIDATTICO

 

In questa sezione verranno illustrati i principî e le modalità a cui fare riferimento per la realizzazione del materiale didattico.

 

 

4.1 MODALITA'

 

Sul piano metodologico si ritiene necessario procedere per mezzo di un approccio basato sulla soluzione di problemi e sul “fare con” la lingua.

Lo studente dovrà interagire con la lingua, usandola, analizzandola e riflettendo sulle strategie di apprendimento. In altre parole, egli dovrà imparare a osservare la lingua e la cultura, a indurne i meccanismi di funzionamento e coglierne il variare. L’intento, attraverso il confronto delle culture di cui i discenti sono portatori, sarà quello di superare vecchie e obsolete concezioni etnocentriche, per rimpiazzarle con una lettura che promuova l’integrazione culturale.

 

 

4.2 REALIZZAZIONE DELLE ATTIVITA' FINALIZZATE ALLO SVILUPPO DELLE DIVERSE ABILITA': ITINERARI DIDATTICI

 

Per quanto concerne il materiale didattico, si potrebbe pensare di realizzare dei quaderni o dei CD-Rom.

Le UD saranno composte da una rete di unità di apprendimento, in linea con le più recenti indicazioni glottodidattiche [7], secondo cui, nella nuova prospettiva di estrema flessibilità dell’organizzazione dell’insegnamento, l’unità didattica diviene una struttura scandita da tre momenti: un’introduzione, che presenta i contenuti del percorso che sta per iniziare e crea la motivazione di fondo; una rete di unità di apprendimento, che possono essere presentate tutte o solo in parte, senza una sequenza obbligata, o integrate con elementi creati ad hoc, a seconda della reazione degli studenti e dei bisogni che emergono; una parte conclusiva che racchiude le fasi di verifica e di recupero.

Nella realizzazione della parte operativa si dovrà cercare di tener conto anche di altri importanti aspetti. Innanzitutto, la varietà dei materiali e delle attività proposte che, se da un lato mantengono alta la motivazione, dall’altro possono rispondere in maniera più adeguata alle esigenze dei diversi stili cognitivi presenti in una classe.

Si ritiene, inoltre, che possa risultare produttivo tener conto della logica di costruzione e della modalità di consultazione proprie del procedere della mente umana, che avviene per associazioni e in modo non lineare, come spiega Tony Buzan (Buzan, 1996).

Le attività proposte spazieranno dunque dal lavoro vero e proprio sul testo, a quello che dal testo procede; a ciò si potranno aggiungere tutta una serie di input che ad una particolare fiaba sono stati associati.

Per quanto riguarda il grado di competenza linguistica necessario ad affrontare le attività proposte, si presuppone che gli allievi siano ad un livello non inferiore a B1 (secondo il Quadro di riferimento comune europeo).

Lo scopo essenziale delle attività dovrà essere quello di fornire strumenti atti a sviluppare un atteggiamento di relativismo culturale e di esplorare la questione della metamorfosi nella fantasia e nella realtà esistenziale dell’individuo.

 

 

5. PROPOSTE E UNITA' DIDATTICA

 

In questa sezione, per motivi di spazio, viene presentata solo la seconda parte di un’unità didattica costituita da una rete di ‘possibili’ unità di apprendimento. La scansione di tali unità si presta infatti ad essere modificata, ampliata e approfondita. All’inizio del capitolo vi sono dei suggerimenti su eventuali percorsi da sviluppare prima e dopo la visione del film. Nei riquadri colorati (all’interno di ciascuna sezione dell’unità didattica) sono state introdotte le note operative per l’insegnante per approfondire ulteriormente alcuni degli argomenti suggeriti o per introdurre le attività proposte.

 

Prima della visione del film
I PRINCIPI E LE PRINCIPESSE NELL'IMMAGINARIO DELLE DIVERSE CULTURE.

Prima della visione del film si esploreranno i modelli e le rappresentazioni mentali evocate dai termini ‘principe’ e ‘principessa’. Di seguito, verranno fatti elencare i nomi, le caratteristiche e le doti di tutti i principi e le principesse protagonisti delle fiabe dei differenti patrimoni culturali.

 

Dopo la visione del film
DRAMMATIZZAZIONE, ROLE-TAKING, ROLE- MAKING

 

L’opera di Ocelot propone sicuramente una versione inedita di principi e principesse. Attraverso il mimo e la drammatizzazione, la classe potrebbe mettere in scena l’episodio del film. Entrando nei panni dei protagonisti, se ne metterebbero così in luce le caratteristiche salienti. Con la variante del role-taking si potrebbe suggerire di raccontare nuovamente la fiaba, introducendo però alcuni cambiamenti. Infine, attraverso l’utilizzo della tecnica del role-making, gli allievi potrebbero essere chiamati a vestire i panni di un principe e di una principessa a loro scelta ed inventarne la storia. [8]

 

Elementi per la discussione

 

La metamorfosi nella fantasia e nella realtà esistenziale dell’individuo.

La capacità di affrontare prove, superare ostacoli, pericoli, difficoltà per raggiungere un obiettivo nelle fiabe e nella vita reale.

 

Confronto fra letterature

 

Numerosi ormai sono i testi che contengono raccolte di fiabe e favole dal mondo. La visione del film potrebbe costituire lo stimolo per suscitare curiosità e per avvicinarsi alle tradizioni letterarie di paesi lontani da noi. In particolare, potrebbe essere significativa la lettura o la drammatizzazione di fiabe provenienti dalle altre tradizioni.

 

 

5.1 UNITA' DIDATTICA

 

Seconda parte (Rete di unità di apprendimento): Principi e principesse

 

UA 1

 

1. Guarda questa vignetta. Descrivila e commentala con un compagno. Sapreste dire perché è divertente?

 

 


 

 

 

 

Si proporrà di seguito una versione riadattata della fiaba dei fratelli Grimm “Il principe ranocchio o Enrico di ferro”, che verrà presentata agli allievi in paragrafi disposti in ordine casuale ed esclusivamente in forma narrata, senza dialoghi.

 

2. Riordina tutti i pezzi in modo da ricostruire la storia. Lavora con un compagno. Quando avrete terminato il vostro lavoro, provate a confrontare la vostra versione con quella di un’altra coppia di compagni.

 

A questo punto i discenti dovranno scrivere i dialoghi della fiaba e drammatizzarla di fronte alla classe.

Successivamente, verrà loro chiesto di individuare i tempi utilizzati nel racconto e di spiegare che funzione hanno.

Seguirà un esercizio di completamento in cui dovranno scegliere tra il passato prossimo/passato remoto o l’imperfetto e spiegarne la funzione nella frase (verrà fornita una griglia per abbinare la frase alla funzione del tempo verbale)

UA 2

1. Quali sono le fiabe più note della tua tradizione culturale? Racconta una fiaba che per te è particolarmente significativa. Prova ad individuarne gli elementi che sono caratteristici della tradizione del tuo Paese.

 

2. Sapresti dare una definizione di fiaba?

 

3. Segna le affermazioni corrette.

 

1.        a) Le fiabe sono una produzione tipica dell’Europa.

b) Esistono raccolte di fiabe che provengono da ogni parte del mondo.

c) La fiaba è un genere narrativo caratteristico della cultura italiana.

 

2.        a) Le vicende nella fiaba si svolgono in un tempo e in luogo determinati.

b) Le vicende delle fiabe si ispirano a fatti storici.

c) I fatti narrati nella fiaba non hanno una collocazione temporale certa.

 

3.        a) Le fiabe hanno sempre una morale.

b) Le fiabe descrivono le difficoltà della vita di ciascuno.

c) Gli eroi delle fiabe sono dei modelli da seguire nella vita.

 

4.        a) Le fiabe appartengono a tutte le tradizioni, anche a quelle preletterate.

b) Le fiabe appartengono solo alle tradizioni orali.

c) Le fiabe appartengono solo alle tradizioni scritte.

 

5.        a) Le fiabe sono state scritte molti secoli fa e sono sempre rimaste uguali.

b) Esistono fiabe che cambiano e altre che rimangono uguali.

c) Le fiabe sono mutate continuamente nel corso dei secoli.

 

6.        a) Questo tipo di narrazione nasce da antichi riti d’iniziazione.

b) La fiaba nasce dal bisogno di spiegare l’origine e il perché delle cose.

c) La fiaba nasce dal bisogno di raccontare delle cose fantastiche.

 

A questo punto si può dividere la classe in 4 gruppi (in modo tale da formare gruppi di esperti) a cui verranno forniti dei materiali per approfondire gli aspetti testuali che caratterizzano i generi narrativi della fiaba, della favola, del mito e della leggenda. Agli studenti verrà consegnata una griglia in cui dovranno evidenziare le caratteristiche del testo che a loro verrà assegnato. Si potrebbe procedere fornendo dapprima i racconti veri e propri, che dovranno essere analizzati, in modo tale da ricavare le caratteristiche che li contraddistinguono. Dopo tale analisi gli studenti procederanno con la lettura di schede che riassumono le caratteristiche principali di ciascun genere. Al termine di tale attività, i gruppi esporranno quanto emerso nel corso del proprio lavoro così che anche gli altri allievi possano completare la griglia con le informazioni mancanti.

 

7. Osserva il testo della fiaba che hai appena letto. Quali sono le formule di apertura e di chiusura di queste storie? Sono le stesse che si usano nella tradizione letteraria del tuo Paese o sono diverse?

 

 

Formule di apertura

Formule di chiusura

Altri elementi

Fiabe italiane

 

 

 

Fiabe della mia

tradizione

 

 

 

 

8. Nel tuo Paese chi è che tradizionalmente racconta le fiabe? I genitori? I nonni? Vi sono momenti o luoghi particolari?

 

 

UA 3

1. Leggi le parole nel riquadro e prova ad immaginare una storia. Puoi scriverla o raccontarla. Puoi raccontarla da solo o decidere, improvvisamente, di passare la parola a qualcun’altro che, ad un tuo segnale, la riprenda da dove ti sei interrotto.

 

rana – presentimento - mucca – principessa – fidanzati – promesse - cane principe – ricamare – baciare – aspetto – trasformazione - presentimento – catastrofe - andare a caccia – ripugnante – lumaca - pulce

 

La classe viene ora divisa in due gruppi. Al primo verrà fatto ascoltare solo l’audio del video, al secondo verranno fatte vedere le immagini senza il sonoro. Alla fine dell’attività i due gruppi di esperti si riuniscono e gli allievi, a gruppi di 4 – due persone appartenenti al gruppo del sonoro, due al gruppo del visivo – ricostruiscono la storia, confrontando le due versioni e mettendo insieme gli elementi colti durante l’ascolto/visione.
Questa attività creerà la motivazione per procedere ad una ulteriore visione della storia (questa volta audio + video).

 

 

2. Nella fiaba il principe e la principessa si rivolgono l’uno all’altra in una maniera particolare. Sapresti individuare di che forma si tratta? Quale pronome personale si utilizza?

 

3. Metti per iscritto la fiaba che hai appena visto. Nel tuo racconto non ci sono dialoghi, puoi usare solo il discorso indiretto.

 

4. Come abbiamo precedentemente appreso dall’analisi della fiaba come genere narrativo, questi racconti hanno significati simbolici che vanno oltre i significati letterali. Secondo te, qual è il significato simbolico di questa storia? Parlane con un compagno. Scrivete degli appunti che vi serviranno poi per discutere insieme al resto della classe le considerazioni che avete fatto.

 

5. Quali sono i cambiamenti che il principe e la principessa hanno attraversato? Nella fiaba le loro trasformazioni sono divertenti. Ma sono solo un’invenzione, una fantasia? Che cosa hanno in comune con la vita reale?

Quali sono, secondo te, le trasformazioni che ciascuno di noi attraversa nel corso della propria esistenza?

Hai mai provato a scrivere della tua esperienza cercando di individuare quelle tappe della tua vita che sono state significative in quanto la tua personalità si è modificata? Modificarsi significa rinnegare qualcosa? Cosa vuol dire, per te, la parola identità?

 

6. Scrivi ora la tua storia personale, provando a evidenziare tutte le trasformazioni che hai attraversato da quando sei partito ad ora. Dall’inizio del tuo soggiorno in questo nuovo Paese, di cui non sapevi nulla fino a quando, pian piano, hai cominciato a scoprirne e comprenderne funzionamenti e significati. Come è cambiato il tuo modo di percepire la realtà del posto in cui ora vivi? Più in generale: com’è cambiato il tuo modo di vivere e di vedere le cose?

 

UA 4

1. Le parole possono essere usate nel loro significato letterale o anche in un significato figurato o metaforico. Cosa vuol dire metafora? Significa parlare di una cosa, descriverla, usando delle parole che hanno un significato diverso da quello letterale. Ad esempio, la frase “Paolo è una roccia” non significa che Paolo è un sasso, ma che è forte come lo è la pietra. In italiano sono molto frequenti le metafore con i nomi di animali le cui qualità fisiche o psicologiche (vere o presunte) vengono trasferite agli esseri umani. Prova ad abbinare le battute della prima colonna con le repliche della seconda colonna. Nella tua lingua queste caratteristiche vengono descritte con gli stessi animali?

 

 

Colonna 1

Abbinamenti

Colonna 2

 

1

Mario ripete sempre quello

che dicono gli altri.

 

Sì, è un ghiro!

A

2

Claudia si fa corteggiare da tutti.

 

Sì, è un avvoltoio!

B

3

Quell’uomo è estremamente crudele.

 

Sì, è un verme!

C

4

Guido non vede l’ora che uno

abbia una disgrazia per guadagnarci su.

 

Sì, è un mulo!

D

5

È veramente lento, in tutte le cose

che fa.

 

Sì, è un pappagallo!

E

6

Non lo sopporto, lecca i piedi

ai potenti e a chi gli può essere utile.

 

Sì, è una iena!

F

7

Dorme sempre.

 

Sì, è una lumaca!

G

8

É veramente testardo.

 

Sì, è una civetta!

H

 

 

2. Se vuoi approfondire questo aspetto della lingua e conoscere altre espressioni che usano gli animali in senso metaforico, vai a questa pagina:

http://www.locuta.com/met_anim.htm

 

3. Alla pagina http://www.syllabos.com/it/articoli/interiezioni.html puoi trovare le voci onomatopeiche che riproducono il suono dei versi degli animali. Confronta con i tuoi compagni le diverse interpretazioni da una lingua all’altra.

 

È possibile proseguire con questo tipo di attività analizzando detti e proverbi, da cui continuerà a scaturire il confronto tra i diversi significati attribuiti nelle varie lingue. Procedendo con gli argomenti collegati al mondo animale si può pensare di proporre attività divertenti come i giochi di parole su cui si basano le espressioni figurate dei colmi (“Qual è il colmo per un pesce? Perdersi in un bicchier d’acqua!”; “Qual è il colmo per un cane? Avere una bella gatta da pelare!”, ecc.); scioglilingua (“Tigre contro tigre”) oppure il testo ironico della canzone di De Andrè “Il gorilla”.

 

Il sito da cui è stata scaricata – per intero – questa attività sull’uso e la funzione del periodo ipotetico è www.learnitaly.com. L’attività è stata realizzata da un docente della Società Dante Alighieri.

 

UA 5

1. Leggi questa storia. proseguire

 

Nella fase del corteggiamento Paolo vuole invitare la ragazza a cena e pensa:

Se Francesca accetta il mio invito, le dichiaro il mio amore.

Quando le telefona per invitarla, Francesca non è molto sicura di voler accettare. Forse vuole fare la preziosa e non dimostrarsi interessata a Paolo, il quale, un po’ deluso, dice:

Se decidi di venire, telefonami.

Conoscete bene il seguito della storia...matrimonio...viaggio di nozze...gravidanza. Mentre i nostri innamorati aspettano il loro primo e purtroppo unico figlio, pensano al nome da dargli.

Se avremo una femmina, la chiameremo Maria; se sarà un maschietto si chiamerà Massimiliano.

Anche per loro però arriva il momento della crisi. Non riescono più a parlare, non fanno altro che litigare. Francesca pensa:

Se Paolo non fosse così geloso, forse potremmo provare a ricostruire il nostro rapporto.

Paolo, dal canto suo, pensa:

Se Francesca uscisse meno con i suoi amici e passasse più tempo con me, io sarei più tranquillo.

Alle infinite litigate fa seguito il divorzio. Ma questo già lo sapete. Paolo conosce Elena ma la tradisce e alla fine rimane solo come un cane. Ripensando ai suoi rapporti andati a monte, si pente amaramente:

Se non fossi stato così geloso con Francesca e così leggero con Elena, non sarei rimasto solo come un cane!!!

Riuscirà il nostro povero Paolo a rifarsi una vita?

 

2. Hai visto, attraverso i pensieri di Paolo e Francesca, la costruzione del periodo ipotetico in italiano. Ora prova a completare le tabelle sottostanti.

 

Se l’ipotesi e la conseguenza sono reali, avremo:

se + .................................... ,

se + .................................... ,

se + .................................... ,

...................................................... .

...................................................... .

...................................................... .

 

Se l’ipotesi e la conseguenza sono possibili o irreali, avremo:

se + .................................... ,

...................................................... .

 

Se l’ipotesi e la conseguenza sono impossibili, avremo:

se + .................................... ,

...................................................... .

 

3. Il secondo tipo di periodo ipotetico – ce lo dice il nome stesso – ci introduce in un mondo magico fatto di infinite possibilità. Partendo da ipotesi fantastiche, è possibile costruire e sviluppare storie incredibili. Questo ci hanno dimostrato infatti i ragazzi della fiaba “Principi e principesse”, che hanno dato inizio alla storia con la frase “E se fossi ...”. Prova anche tu a scrivere una storia di questo genere, immaginando una situazione irreale.

 

Terza parte (Verifica e recupero):

 

1. Spiega cosa faresti se ti trovassi in queste situazioni.

 

Cosa faresti se ... / Come ti comporteresti se ...

a) ... qualcuno ti regalasse qualcosa che non ti piace per niente?

b) ... al ristorante scoprissi, dopo aver cenato, che hai dimenticato il portafoglio?

c) ... il tuo migliore amico/a si dimenticasse il tuo compleanno?

d) ... potessi diventare invisibile per un giorno?

e) ... dovessi andare a vivere per un anno su un’isola deserta?

 

Per la fase di verifica e controllo, oltre all’attività precedente, si è pensato di fornire agli allievi dei testi sul fenomeno dell’emigrazione italiana. Attraverso i racconti delle persone che negli anni addietro hanno vissuto la medesima condizione in cui si trovano ora i nostri studenti, è possibile avviare un raffronto costruttivo delle situazioni comuni a tutti i popoli in tutte le epoche storiche. Verrà poi fornita un’immagine che ritrae una famiglia di emigrati italiani che dovrà essere commentata e su cui gli studenti dovranno scrivere una storia, immaginando le vicende che queste persone si sono trovate a dover affrontare. Non va infatti dimenticato che, anche attraverso il racconto di storie diverse dalla propria, emergono comunque elementi autobiografici che portano a riflettere sulla propria condizione esistenziale.

 

2. Osserva le foto. Scegline una (o anche più di una, se preferisci) e scrivi la storia di queste persone che, nel corso dei vari decenni del secolo scorso, sono state costrette ad emigrare dall’Italia.

 

Per ulteriori approfondimenti sul tema dell’emigrazione italiana, andare alla pagina http://www.bibliolab.it/sitografie/sitografie_emigrazione.htm.

 

 

6. CONCLUSIONI

 

In conclusione, è necessario dar spazio alle suggestioni simboliche, a ciò che non può che rimanere inesprimibile e che tuttavia, al tempo stesso, ci illumina mostrandoci vie d’uscita inaspettate, inimmaginabili fino a un momento prima, facendoci raggiungere gradi di consapevolezza che siano adeguati a fornirci i mezzi per affrontare le sempre nuove tappe della nostra esistenza.

E la fiaba è un genere letterario attraverso cui è possibile compiere proprio questo tipo di percorso. Bettelheim (1995: 29) evidenzia infatti come il proposito della fiaba non sia quello di comunicare utili informazioni circa il mondo esterno, ma di chiarire i processi interiori che hanno luogo in un individuo.

La fiaba, dunque, è il regno della possibilità, della trasformazione. E pur non sapendo a cosa porterà la trasformazione successiva, si percepisce che ciascun mutamento è parte necessaria del divenire che è essenziale alla vita.

Le fiabe presentano percorsi evolutivi. Come la vita, sono ricche di sorprese, di situazioni difficili, di incontri piacevoli o indesiderati e ci narrano di ciò che può accadere nel processo di ‘crescita’ di ciascuno.

Esse possono divenire un modo per promuovere percorsi formativi di scoperta, di conoscenza, di dialogo e di incontro con il proprio mondo interiore e con gli infiniti mondi fuori da sé, facendoci viaggiare in luoghi e spazi lontani e ‘altri’ e consentendoci di entrare in contatto con usanze, tradizioni, riti e miti di altri popoli. L’utilizzo di tale genere letterario offre la possibilità di promuovere un reale avvicinamento e un incontro fra le culture di quest’umanità composita.

Da un punto di vista didattico questi testi danno lo spunto per collegarsi a tantissimi argomenti – che dalla fiaba sono suggeriti, quasi sussurrati – e tutto ciò offre la possibilità di sviluppare, accanto alle altre competenze e abilità, quelle poetico-immaginative che, spesso, in percorsi di apprendimento linguistico che si inseriscono nei contesti descritti precedentemente, vengono tralasciate.

 

Il viaggio, il cambiamento, la trasformazione

Le difficoltà sono dunque da intendere come percorsi ineludibili e necessari per arrivare ad individuare l’‘Altro’, l’altro da Sé e il Sé; per giungere alla trasformazione finale, alla rinegoziazione dei ruoli ma non solo, a un nuovo Sé arricchito dall’esperienza dell’Altro. Un nuovo percorso da intraprendere alla luce di ciò che si è e di ciò che si è diventati attraverso il proprio percorso, le mille trasformazioni, i mille contatti che ci hanno ‘contaminato’ e modificato.

E una volta trasformati, senza punti di riferimento certi, da dove cominciare?

Ma dal cominciare a fare, consci che solo nel procedere c’è il percorso, la trasformazione, la vita.

Anche nelle sfide più ardue, nelle difficoltà apparentemente più insormontabili, nelle differenze più inconciliabili, la trasformazione e il procedere sono la chiave del divenire, del venire a nuova vita. Trasformazione non come rinuncia alla propria identità, ma come nuovo cominciamento, arricchiti di nuove prospettive. Perché non figli intrappolati e castrati da un’immagine stereotipata e prefissata, precedentemente decisa, fissa, immobile e immodificabile, ma artefici di scelte e soggetti attivi nel riconoscersi in molteplici identità.

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

 

Balboni, p.E., 1994, Didattica dell’italiano a stranieri, Roma, Bonacci.

Balboni P.E., 1999, Parole comuni culture diverse. Guida alla comunicazione interculturale, Venezia, Marsilio.

Balboni P.E., 2002, Le sfide di Babele. Insegnare le lingue nelle società complesse, Torino, Utet Libreria.

Balboni P.E., 2002, Tecniche didattiche per l’educazione linguistica, Torino, Utet Libreria.

Bettelheim, B., 1995, Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, Milano, Saggi/Feltrinelli.

BUZAN, T.,BUZAN B., 1996, El libro de los mapas mentales, Urano, Barcelona.

Calvino, I.,2001, Sulla fiaba, Milano, Oscar Mondadori.

Demetrio, D., 2001, Agenda interculturale. Quotidianità e immigrazione a scuola. Idee per chi inizia, Roma, Meltemi.

Demetrio, D., 2004, Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé, Milano, Cortina.

Dolci R., Celentin P., 2000, (a cura di), La formazione di base del docente di italiano per stranieri, Roma, Bonacci..

Propp V. J., 1999, Morfologia della fiaba, Torino, Piccola Biblioteca Einaudi.

Rodari G., 2004, Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, Torino, Piccola Biblioteca Einaudi..

Von Franz, M.L., 2002, Il femminile nella fiaba, Torino, Bollati Boringhieri.

Von Franz, M.L., 2004, Le fiabe del lieto fine. Psicologia delle storie di redenzione, Novara, Red

 

 

RIFERIMENTI SITOGRAFICI

 

http://associazioni.comunedifirenze.it: raccoglie tutte le associazioni del comune di Firenze. Da qui è possibile scaricare vecchi numeri della rivista quadrimestrale a cura dell’ ILSA (Insegnanti Italiano Lingua Seconda Associati).

 

http://www.lombardiaspettacolo.com: a cura dell’AGIS regionale, un sito a carattere informativo sugli eventi di teatro, musica e danza nella regione.

 

http://biografie.leonardo.it: pubblica biografie e approfondimenti sulla vita e la storia di miti e personaggi famosi.

 

http://www.locuta.com: sito realizzato dal Centro Studi Italiani di San Francisco che offre gratuitamente online lezioni e informazioni su vari aspetti della lingua italiana. In una delle sezioni di cui si compone è possibile trovare una lista completa delle espressioni in cui le figure animali vengono usate in senso metaforico.

 

http://www.syllabos.com: portale italiano di linguistica. Risorse per i professionisti delle lingue (traduttori, interpreti, insegnanti) e per quanti si interessano alla linguistica. Alla sezione ‘interiezioni’ si possono trovare le voci onomatopeiche che riproducono il suono dei versi degli animali.

 

http://www.learnitaly.com: sito ideato e gestito dalla Società Dante Alighieri di Siena da cui è possibile reperire materiale didattico.

 

http://www.bibliolab.it: la biblioteca specializzata per ragazzi di una rete di scuole astigiane, rivolta a docenti, studenti e a tutti gli interessati. Attraverso una sitografia curata dai collaboratori di questo sito si possono approfondire molti aspetti del fenomeno dell’emigrazione italiana.

 

 

SITI CONSIGLIATI

 

http://www.ilnarrastorie.it: presenta un archivio di fiabe e favole che possono essere lette ed ascoltate direttamente online.

 

http://www.ilnarratore.com: contiene audiolibri ed archivi di audio letteratura italiana ed internazionale.

 

 

NOTE

 

[1] Per approfondimenti cfr. Duccio Demetrio (2001:52-53)

[2] Per approfondimenti cfr. Paolo Torresan, Il video in classe, consultabile all’indirizzo http://associazioni.comune.firenze.it.

[3] C’è da tener presente un importantissimo aspetto, quello neuropsicologico. “Gli emisferi del cervello operano diversamente in ordine al trattamento delle informazioni visive (simultanee e globali, gestite essenzialmente dall’emisfero destro) e di quelle linguistiche (sequenziali e analitiche, gestite prevalentemente dall’emisfero sinistro), e queste vengono elaborate dopo che l’emisfero destro ha elaborato la dimensione visiva.” (Balboni P. E., (2002), Le sfide di Babele. Insegnare le lingue nelle società complesse, Utet, p. 131).

[4] Per approfondimenti cfr. Paolo E.Balboni (1994: 32-36)

[5] Non va dimenticato che quella delle ombre animate è tra le forme espressive teatrali più antiche, praticata come forma artistica nel teatro classico dell’antica Cina e di altre civiltà dell’Estremo Oriente e, in Europa, negli spettacoli d’ombre animate con la lanterna magica sin dal 1700.

[6] Patrizia Canova, Scheda cinema. Principi e principesse, consultabile all’indirizzo internet http://www.lombardiaspettacolo.com

[7] Per approfondimenti consultare il testo di P.E.Balboni, (2002), Le sfide di Babele. Insegnare le lingue nelle società complesse, Utet (pp.100-106).

[8] Si ritiene necessario specificare che l’opportunità di utilizzare tali tecniche va valutata tenendo conto delle culture di provenienza dei discenti. In una classe composta da studenti di origine orientale, ad esempio, proposte di questo genere rischiano di risultare poco adatte per ragioni legate ai significati che vengono attribuiti alle modalità e ai meccanismi legati agli eventi comunicativi. Tali questioni sono approfondite nel testo di P.E. Balboni, (1999), Parole comuni culture diverse. Guida alla comunicazione interculturale, Marsilio.

1 Questo saggio è una versione elaborata dell’articolo La fiaba e l’adulto. Ipotesi di percorsi autobiografici come strumento per una reale integrazione delle civiltà ‘Altre’ apparso sulla Rivista Itals, numero IV-12, 2006.

 

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