Novembre 2012  Supplemento alla rivista EL.LE - ISSN: 2280-6792
Direttore Responsabile: Paolo E. Balboni
Per un’economia curricolare sostenibile. Modelli, strumenti, oggetti di Dorella Giardini

ABSTRACT

Il curricolo, nell'apprendimento delle lingue seconde, s'intuisce vago fin dal momento in cui lo si costruisce. Di norma, esso sembra  tanto più “funzionare” quanto più si accetta la sua confutabilità nella pratica, quale principio necessario per conciliarsi con una didattica che si vuole orientata agli apprendenti e ai loro bisogni. E tuttavia, il curricolo predittivo rimane indispensabile per individuare e condividere in modo coerente e costruttivo il “cosa” e il “come” della didattica. In questa tensione continua, fra il dettato prescrittivo e la libera interpretazione, vi è comunque la necessità di organizzare una prassi valutatoria e di tracciabilità delle attività, idonea a un'economia curricolare sostenibile, quindi praticabile, e che sia tale per istituzioni, insegnanti, discenti e contesto. A partire da un'esperienza concreta di progettazione curricolare, dettata dalla necessità di rinnovare i propri sillabi, questo breve studio intende presentare l’avvio di un progetto complesso. Le riflessioni sulla pianificazione curricolare hanno spostato il piano dai contenuti alle procedure, avviando una comunità di ricerca che ha sollevato interrogazioni su come motivare un gruppo di insegnanti a condividere e a costruire assieme conoscenza e mutamento.

 

1. MOTIVAZIONE, CRITERI E APPROCCI METODOLOGICI ALLA PIANIFICAZIONE CURRICOLARE

Avviare un rinnovamento curricolare per riqualificare corsi finalizzati agli study abroad secondo criteri di tracciabilità e trasparenza, è uno sforzo complesso che chiama necessariamente ad una sperimentazione. Nel progetto qui presentato nelle sue fasi di avvio, considerare la ricerca un'occasione di apprendimento condiviso è stato un naturale accostamento: la pianificazione curricolare è in sé “un modulo formativo, poiché basato sul confronto, sul lavoro comune e sull'integrazione delle conoscenze” (Balboni 1995: 15) e la condivisione è basilare, poiché “non deve costituire solo il frutto dell'iniziativa e della sensibilità del singolo docente” (Diadori 2009: 179). Qui si sono considerati:

  • modelli di pianificazione curricolare;

  • contesti e materiali esistenti;

  • modelli operativi;

  • modelli di autoapprendimento;

  • tecniche motivazionali.

 

Cosa sperimentare

In linea teorica, un sillabo di lingua seconda è un elenco di contenuti (Yalden 1987), orientati dai destinatari (Munby 1978). Diadori individua tre pianificazioni:

 

  • per obiettivi, comportamenti linguistici osservabili, da raggiungere secondo una sequenzialità;

  • per compiti, da selezionare e graduare, fornendo “kit” di strutture, generi testuali e scelte operative per svolgerli;

  • per sfondi integratori: nuclei progettuali di lavoro da esperire sotto varie prospettive.

 

Esistono vari repertori di abilità, funzioni e competenze per livello, Balboni ha contribuito a dettagliare repertori di base per l'italiano lingua straniera, ribadendo l'importanza di dotarsi di un curricolo “implicito” da adattare al piano operativo (Balboni 1995; 2002).

Secondo Krahnke (1987), il syllabus è contenuto in un curricolo, anche se la distinzione è sempre ambigua, e individua sei tipologie.

 

Sillabo strutturale: basato sugli elementi della lingua da acquisire. È diviso in:

 

  • grammaticale, tradizionale elenco di elementi linguistici;

  • situazionale, contesti in cui si può presentare una certa situazione comunicativa;

  • nozionale-funzionale, serie di funzioni pragmatiche utili nella comunicazione.

 

Sillabo processuale; ha per obiettivo il “come” fare, elenca compiti e atti linguistici:

 

  • procedurale, descrive gli obiettivi pragmatici nell'interazione;

  • learner-led”, lo studente partecipa alla costruzione del sillabo;

  • dinamico (o proporzionale), una tematica individuata dai discenti, ripresa da più angolazioni per sviluppare competenze globali e trasversali.

 

Nella prospettiva Learner-Centred, il curricolo si definisce come negoziazione tra insegnanti e studenti. Un’anticipazione del costruttivismo afferma che vi contribuiscono contenuti e discenti, ma anche il contesto e l'esperienza migliorativa sul campo (Tyler 1950).

Nel curricolo dinamico ricorre l'importanza del contesto, si ritrova anche nella nozione di “curricolo nascosto”, mutuata da Synner (Williams, Burden 1997), in cui il “non detto” lavora come educazione latente, interessando stili di apprendimento e insegnamento.

 

Contesto e valutazione

Vi è convergenza nel ritenere le esperienze sul campo indispensabili per migliorare il costrutto iniziale. Ridefinire l'input attraverso il feedback rende il curricolo simile a un processo. Porcelli (1998) lo associa a un ciclo di qualità, in cui la verifica alimenta il modello iniziale secondo una qualità non seriale, bensì evolutiva in senso organico, che si dà per reciproco adattamento. Queste le fasi:

 

  • definire il contesto socioculturale e i requisiti di base degli studenti;

  • definire obiettivi finali, intermedi e immediati;

  • organizzare attività e contenuti per raggiungere gli obiettivi;

  • esplicitare metodi, materiali e sussidi coerenti;

  • istituire un processo di valutazione e verifica dell'azione didattica;

  • verificare e riformulare l'azione didattica e i suoi risultati.

 

 

2. ANALISI DEL CONTESTO, DEGLI OBIETTIVI E DEI CONTENUTI PREESISTENTI

Alla progettazione concorrono variabili costanti, quali tempo, contesto, articolazione dell'intervento didattico, risorse disponibili, caratteristiche e scopi degli apprendenti, riflessioni sui fini formativi, scelte metodologiche (Diadori 2009: 184), che si muovono su tre livelli operativi:

 

  • planning: macroprogettazione; ipotesi per un determinato contesto; esprime competenze, contenuti, materiali e sussidi;

  • programmazione: finalità e obiettivi dell'azione didattica;

  • design: dettagli operativi per la classe.

 

L’aggiornamento riguarda i corsi per gli study abroad statunitensi.

 

Il contesto macro: lo sfondo degli study abroad nordamericani in Italia

Il Department of Education degli Stati Uniti conta circa 80.000 studenti l'anno in viaggio di studio, di cui il 60% sceglie l'Europa.

Una ricerca della A.A.C.U.P.I. (2008), Association of American College and University Programs in Italy - 138 istituzioni affiliate nel 2012 - stima che i programmi di studio del suo circuito occupino il 12% dei viaggi diretti in Italia. Al turismo accademico contribuiscono la “Legge Barile” (14/01/1999, art. 2) che regolamenta le filiazioni in Italia di istituti stranieri, e le nuove politiche americane, che, dall'11 settembre 2001 incoraggiano il confronto con altre culture (2008: 330) eleggendo gli study abroad a importante criterio di qualità per le università americane.

Nonostante l'interessante quadro delineato, la ricerca mostra limiti sul piano didattico, poiché persino tra i suoi affiliati “non esistono due programmi di studio che possano definirsi uguali, dal punto di vista ideologico, storico, didattico, organizzativo, e strutturale”. Anche la felice definizione di “programmi isola” (Diadori 2009: 51) non dà conto della complessità e del dinamismo esistenti, dove lo stile chiuso del campus, in cui tutto si compie, non sempre trova spazio in un'Italia dall'ambiente di studio aperto e dai servizi all'esterno, per cui già questo è motivo di shock culturale.

 

Il contesto meso: la Illinois University e gli study abroad a Verona

Committente degli study abroad a Verona è la Illinois University at Urbana-Champaign (Chicago). Il Dipartimento afferente insegna spagnolo, italiano e portoghese. I corsi semestrali di lingua italiana sono di 60 ore, corrispondenti a 4 crediti, a frequenza obbligatoria. Verona è una delle quattro mete italiane. Questi i corsi equipollenti:

 

  • 101 - Elementary Italian I: To communicate in Italian in everyday, practical situations. [...] the acquisition of the skills necessary to read effectively in Italian. The approach is comprehension-based: comprehension first, production next. (Comunicare in italiano nella lingua di tutti i giorni, in situazioni pratiche. Acquisire competenze sufficienti per leggere in italiano. L’approccio è basato prima sulla comprensione, poi sulla produzione);

  • 102 - Elementary Italian II, continua il precedente; prospettive di maggiore produzione;

  • 103 - Intermediate Italian I: Rapid reading, review of grammar, composition, and conversation. (Leggere velocemente, ripassare la grammatica, la composizione e la conversazione);

  • 104 - Intermediate Italian II, continua il precedente. Accenna all'approccio CBI, Content-Based Instruction;

  • 210 - Practical Italian Review: Reviews major challenges in Italian grammar, with particular emphasis on the verb system (major tenses and moods, morphology, and aspect. (Ripasso dei principali punti della grammatica italiana, con un accento particolare sul sistema dei verbi: tempi e modi, morfologia e aspetti);

  • 220 - Contemporary Italian Oral & Written: Training in oral-aural skill and in writing (Formazione per acquisire competenze audio-orali e di scrittura).

 

I corsi Elementaries citano il Natural Approach di Krashen: l'apprendimento delle abilità ricettive ha priorità sulle produttive.

Gi Intermediates si rifanno alla metodologia CBI (Content Based Instruction; in Europa “CLIL”), per apprendere lingua dai contenuti.

I 210 e 220 hanno orientamenti diversi: grammaticale il primo, comunicativo (ma come lingua di studio) il secondo. Ciascun syllabus nell'accezione americana di “piano”, esplicita:

 

  • Required Materials – materiali e sussidi;

  • Goals & Objectives mete e obiettivi, con brevi cenni metodologici;

  • Grading Scale scala di valutazione (in centesimi, conversione in lettere);

  • Grade Weighting dettagli sulle quattro voci principali che concorrono al voto finale, ponderate a seconda del corso: partecipazione, test in itinere, compiti, esame finale;

  • Tests & Exams – tipologia e dimensione, abilità testate, criteri di valutazione, calendarizzazione delle prove;

  • Communication Score punteggio per: partecipazione, attenzione e interazione in classe;

  • Writing produzione scritta, anche orale per i corsi di livello superiore;

  • Attendance presenza (frequenza) al corso, con punteggio relativo;

  • Homework tipologia, quantità e contenuti dei compiti per casa (generalmente online);

  • Topical Outline lineamenti principali del corso.

 

L'istituto veronese che accoglie i corsi (Centro Studi Idea Verona) è una scuola privata di lingua italiana per non italofoni. Gli study abroad sono presenti dal 2002 e sono accolti in classi miste. La scuola si trova in posizione di medietà nel contesto AACUPI:

 

  • accoglie undergraduates (100%), la categoria più consistente degli universitari in Italia (86%);

  • propone semestri di durata media (4 mesi);

  • ha un'offerta formativa tipica;

  • il volume delle presenze rientra nella fascia più centrale e diffusa: 50-100 l’anno (35%).

 

I corsi sono di 90 ore (6 crediti), di cui 60 intensive e 30 estensive.

Il sillabo, nel senso italiano di repertori, è autonomo rispetto a quello dell'università, e comprende:

 

  • requisiti: in linea con il Quadro Comune Europeo

Contatto A1 introduttivo - 101

Contatto A1 progredito- 102

Sopravvivenza A2 introduttivo - 103

Sopravvivenza A2 progredito - 104

Soglia B1 introduttivo - 210

Soglia B1 progredito/B2 introduttivo – 220;

  • obiettivi: linguistici, per competenze e compiti;

  • contenuti e obiettivi comunicativi: repertorio di funzioni linguistiche, lessico;

  • elementi grammaticali: repertorio strutturale;

  • valutazione: non ponderata, uguale per ogni livello (33,33%), data da frequenza, compiti ed esame finale.

 

Sinossi dei due sillabi

 

Tab. 2.1. Quadro sinottico generale

 

 

Tab. 2.2. Quadro sinottico del sistema di valutazione e dei repertori

 

Syllabus americano: sintetico e predittivo, ma completo. Esplicita con dettagli il sistema di valutazione, i tipi di prova, il calendario. Si colloca tra il planning e la programmazione.

Sillabo italiano: linguistico; esplicita compiti comunicativi come obiettivi, repertori e un grading scale mutuato dall'università. Si situa fra la programmazione e il design.

La comparazione ha individuato la necessità di saturare tutti i piani (planning, programmazione, design) praticando intercultura didattica, e di risolvere la criticità del sistema di valutazione italiano, per arrivare alla trasparenza e alla tracciabilità del percorso di formazione.

 

I docenti

Vari studi (Maslach, Jackson, 1986, Folgheraiter, 1994; Kahn et al., 1964) indicano che gli insegnanti percepiscono la loro occupazione come stressante in particolare nella riflessione sulle procedure, che non sempre è considerata pertinente al ruolo. Gli insegnanti si ritengono privi di strumenti per affrontare certi compiti (Bertani, Manetti et al., 2007), poiché, in quanto orientati al “fare”, tendono ad assumere un atteggiamento di resistenza al cambiamento, specialmente se il mutamento di paradigma è teorico: “Si apprende la professione per assimilazione di concreti esempi di insegnamento; ma proprio per questo è difficile cambiare professionalmente, senza concreti esempi del paradigma alternativo” (Erdas, 29).

Tuttavia, quando il mutamento è necessario, come indurre gli insegnanti a farsi protagonisti?

ll compito educativo offusca la riflessione sui bisogni di apprendimento, personali e della cultura organizzativa (la scuola), tanto che anche l'inversione epistemologica che va dall'imparare per fare all'”imparare facendo” (Learning by doing) necessita di essere accettata. Lo testimoniano i due tentativi precedenti di sperimentare. Le cause del fallimento raccolte hanno evidenziato alcune false credenze:

 

  • perdo autonomia: più il percorso formativo è monitorabile, e più l'insegnante sente un controllo esterno alla didassi;

  • disperdo conoscenza: progettare e sperimentare “da soli” e poi condividere è sentito come uno sperpero delle proprie esperienze;

  • disperdo energie: concettualizzare non è insegnare, esula dai compiti di un docente; è ritenuto faticoso e impegnativo.

 

Prima di addentrarsi nella fase motivazionale, si sono presi in esame alcuni modelli di ricerca e di gruppo.

 

 

3. COME AVVIARE LA SPERIMENTAZIONE

La ricerca

Fra i modelli empirici, vi è la ricerca-azione, in cui ricercatore e oggetto da osservare coincidono. L'apprendimento implica pianificazione, azione, monitoraggio, riflessione e quindi ripianificazione, secondo un apprendimento a spirale (Elliot 1991; Carr, Kemmins 1986). Il modello appare da integrare rispetto al potenziale di riflessione, poiché la condivisione nell'action research si ferma alla triangolazione.

 

Cultura organizzativa

Il corpo docente è un gruppo di lavoro in un ambiente, la cui componente umana è risorsa competente. Nel lavoro, la conoscenza si attua per condivisione, lavorando attorno a un compito comune (task). Così sono i circoli di qualità basati sul ciclo “plan-do-ceck-act” teorizzato da Deming, in cui il problem solving stimola dei volontari a riunirsi, in un'ottica migliorativa autoeducante (self-managing). La strategia consiste nell'avviare una comunità di discorso che rielabora da più punti di vista lo stesso compito. Il knowledge management propone la spirale della conoscenza a partire da un sapere soggettivo, che deve rendersi oggettivabile, per essere moltiplicabile (Nonaka, Takeuchi 1997). Il nodo sta nella capacità di comunicare la propria conoscenza al gruppo, poiché questa, fino a quando non è condivisa, è solo “tacita” o implicita. Bisogna socializzarla (conoscenza esplicita) affinché il ciclo si produca.

L’apprendimento fra pari ricorre alle zone di sviluppo prossimale teorizzate da Vytgoskij, quali intersezioni entro cui si compie la conoscenza. Nelle comunità di apprendimento (Jonassen 1994) queste aree si ampliano (reciprocal teaching) e vi si costruiscono significati tra soggetti immersi nella complessità sociale. La comunità vige quando:

 

  • membri a competenze diversificate sviluppano collettivamente e intenzionalmente conoscenza condivisa;

  • vi è metaconoscenza sui processi di creazione della conoscenza;

  • s'instaura una forma di discorso per condividere le idee e migliorarle.

 

Il progetto FLC, Fostering Community of Learners, (Brown, Campione 1994) propone modelli e tecniche di apprendimento cooperativo per costruire conoscenza condivisa, tra cui lo scaffolding, tutorato che aiuta a non sentire il compito superiore alle capacità, e il jigsaw ispirato al modello di Aronson, in cui i discenti sono responsabilizzati al compito. Il progetto prevede lezioni preparatorie (benchmark lessons) e:

 

  • brainstorming, per definire il compito e raccogliere le precompetenze;

  • frammentazione (jigsaw) del compito in sottoargomenti;

  • definizione dei gruppi di ricerca e di lavoro sul campo;

  • crosstalk: momenti di confronto e verifica.

 

La knowledge building implica intenzionalità ad apprendere. Il gruppo ha successo quando i partecipanti si convincono che “vale la pena” condividere, perciò la fase motivazionale in questo modello è cruciale. Per il caso in oggetto, si è guardato alle comunità di apprendimento escludendo le comunità di pratica (Wenger 1998), in quanto aggregazioni spontanee prive di un compito preciso.

 

Motivazione e valori

Tra motivazione e valori esiste interdipendenza. È il valore la “concezione stabile di ciò che è desiderabile”, ossia un costrutto cognitivo-emozionale (mondo interno) che solo in seconda istanza si fa motus, ossia spinta verso l'esterno, quale collante sociale (Zatti, in Bellotto 1997: 59).

Nella teoria del rinforzo, il motus all'apprendimento sta nella gratificazione, (Skinner 1971), mentre per il cognitivismo la motivazione si lega ai bisogni: bisogno di conoscere (epistemic behaviour) o di successo, alla ricerca di conferme nel gruppo. Atkinson (1964) ha elaborato un modello fra:

 

  • tendenza al successo;

  • tendenza ad evitare il fallimento.

 

Entro cui si muovono fattori:

 

  • cognitivi, inerenti all'obiettivo. Si predice il successo o l'insuccesso, giudicando la difficoltà del compito;

  • emotivi. Si predicono le emozioni che deriveranno dal successo/insuccesso;

  • di personalità, tra la disposizione a migliorarsi e a percepirsi inadeguati al compito.

 

Su ciò si innestano gli obiettivi sociali proposti dal costruttivismo:

 

  • orientati al sé (ricerca di approvazione);

  • orientati alla comunità di riferimento (ritenersi degni di un'appartenenza).

 

Il gruppo è stato quindi costituito prendendo in analisi le credenze radicatesi come valori.

 

I partecipanti

Alla ricerca, tuttora in corso, hanno aderito 12 partecipanti, nove femmine e tre maschi, di cui:

 

  • 7 insegnanti sperimentatori (attivi nei corsi degli study abroad);

  • 2 insegnanti osservatori partecipanti ai laboratori (insegnante esterno e insegnante tirocinante);

  • 3 osservatori (supervisore residente degli study abroad e due segretari d’accoglienza gruppi).

 

Età dei nove insegnanti, fra attivi e osservatori: da 50 a 64: 2; da 40 a 50: 2; da 30 a 40: 3; da 24 a 30: 2.

 

Diagramma 3.1. Aree di competenza del gruppo insegnanti

 

La partecipazione al gruppo si è avviata per convocazione libera. La prima è stata partecipata da sei insegnanti, via via si sono aggiunti gli altri.

 

Avvio della sperimentazione: invertire la motivazione

Questo il piano generale:

 

  • fase motivazionale;

  • brainstorming per la raccolta di materiali, modelli, competenze da elaborare;

  • analisi comparativa dei sistemi di valutazione; elaborazione di un costrutto ipotetico, pianificazione degli strumenti;

  • distribuzione dei compiti: frammentazione della sperimentazione;

  • crosstalk in itinere e finali;

  • feedback di insegnanti, osservatori, studenti.

 

Tecniche socializzanti sono state mutuate dal progetto FLC e dal knowledge management, tra cui:

 

  • learning by doing (apprendere dalla pratica);

  • jigsaw (acquisire coscienza di una conoscenza interdipendente e distribuita);

  • knowledge management (attivare il ciclo dell’apprendimento condiviso).

 

Fase motivazionale

Per spingere ad una predizione di successo e suscitare motivazione, si sono impiegate strategie di comunicazione, socializzazione, ascolto, per mezzo di questionari, colloqui, e-mail. Si sono quindi svolte benchmark lessons motivazionali, di reason why, focalizzate su:

 

  • senso di responsabilità: aggiornamento periodico dei sillabi come tratto dell'educazione di qualità (motivazione estrinseca); valore geometrico dell’apprendimento costruito in condivisione, che non dà verità dall'alto, ma esiti dalla pratica;

  • economicità: vantaggi dalla sperimentazione, come esiti commisurati alla didassi (motivazione intrinseca: semplificare);

  • senso di sicurezza: garanzie di peer tutoring e scaffolding, conoscenza diffusa (motivazione intrinseca: fattibilità del compito);

  • motivazione al sé: autoriflessione, far conoscere meglio se stessi e le proprie competenze al gruppo; autocorrezione per evitare giudizi e competitività; attività laboratoriali stimolanti il piacere della partecipazione (scoperta, ipotesi, sfida);

  • orientamento alla comunità: cultura dell'apprendimento organizzativo; conoscere le competenze altrui; incoraggiare il reciprocal teaching, valorizzare le risorse (sentirsi degni di appartenere ad una comunità);

 

Brainstorming

Dopo la convocazione preliminare, si è avviata una riflessione sul proprio fare proponendo costantemente, tra i partecipanti, questionari interrogativi sul sé, come strategia di anticipazione delle tematiche. Le proposte, prima in autoriflessione e poi in discussione (a coppie e in plenum):

 

  • approcci e stili di insegnamento;

  • concetto di errore e valutazione dell'errore1;

  • modelli di curricoli (per contenuti, approccio top-down, motivazione del docente, sussidi, bisogni dei discenti);

 

Il tempo concesso per la compilazione dei questionari è stato di almeno una settimana per ciascuno, per permettere di riflettere. Si è così ottimizzato il tempo degli incontri in presenza.

 

Costruzione di argomenti per la comunità di discorso

Si dà conto di un esempio della trasformazione dalle risposte alle sollecitazioni.

 

Domanda 1:

Descrivi il tuo stile di insegnamento e la tua ideologia di fondo.

 

Ins1:

Sicuramente comunicativo. Capire e conoscere gli studenti affinché si crei il ponte comunicativo che rende più piacevole l'apprendimento.

 

Ins4:

Penso di usare un metodo umanistico-affettivo […]. Cerco di individuare le situazioni comunicative in cui gli studenti si troveranno ad agire più frequentemente, le abilità linguistiche che saranno loro più utili, i tipi di testo che dovranno produrre o decodificare.

 

Ins5:

Cerco di tenere le redini della classe […], in modo da seguire al meglio la programmazione prestabilita […] ma sono sempre pront* a deviare dal programma deciso in partenza. […] Raccolgo sempre all'inizio aspettative e richieste e programmo il corso di conseguenza.

 

Sollecitazioni elaborate dalle risposte

 

Sollecitazione 1:

Quali pratiche distinguono e accomunano “stile comunicativo” o “umanistico-affettivo”?

 

Sollecitazione 2:

Quali e quanti modi conosciamo per “tenere le redini della classe?”

 

Sollecitazione 3:

Ascoltare le richieste degli studenti: i punti di forza e di debolezza di questo ascolto.

 

Dapprima l'analisi globale si è svolta a coppie, e poi è stata discussa in plenum. Gli esiti sono divenuti il manifesto della scuola.

 

Criticità

Il sondaggio sulla valutazione ha evidenziato le maggiori difficoltà a costituire una comunità di discorso attorno a questo argomento. Con schede di approfondimento, si sono individuati gli stili di correzione e valutazione e si sono negoziati i possibili mezzi per tracciare il processo curricolare, accantonando i contenuti in favore degli strumenti di monitoraggio per la sperimentazione.

 

Strumenti

Si sono individuati tre strumenti principali e questionari per la triangolazione.

 

  1. Scheda di programmazione. Calendario da compilarsi in due versioni: come pre-programmazione, da condividere con gli studenti, e come post-programmazione, per autoverifica. Lo scopo è far inferire ipotesi sul proprio progetto didattico e riflettere in uscita su quanto, cosa e come si è applicato.

 

Griglia 3.1. Scheda di programmazione semplificata

 

  1. Checklist quantitativa, per rilevare la partecipazione. Voci: “esegue”; “interagisce”; “è presente/assente”.

 

  1. Scheda di osservazione qualitativa2, in caso di mancati progressi da parte di uno studente. Con interrogazioni sulle abilità che impiega, sull'atteggiamento che tiene rispetto agli “oggetti” della didattica, sul suo modo di apprendere. Queste le voci individuate:

 

  • abilità (saper fare)

sa ascoltare (esegue e reagisce, negozia significati, chiede quando non capisce, mostra attenzione durante l'ascolto);

sa leggere (riflette, inferisce, coglie parole chiave, associa fonemi a grafemi, usa vari tipi di lettura);

sa scrivere (rielabora modelli, sperimenta usi e generi, impiega connettivi di coesione del testo);

sa parlare (“si butta” e prova nuove forme e strutture, usa strategie e mappe mentali);

 

  • apprendimento (saper imparare)

si organizza lo studio (appunti, mappe, evidenziazioni, schemi, glossari)

chiede e si fa aiutare anche con codici extralinguistici

cerca di applicare quanto sta imparando

si corregge

ricorda (con esplicitazione del come).

 

  1. Feedback di studenti, insegnanti, osservatori (questionari a domande aperte e chiuse).

 

La sperimentazione ha avuto inizio a gennaio 2012, dopo l’elaborazione in peer tutoring di un costrutto teorico che integra le voci dei due sillabi per testare il sistema di valutazione USA nella piena immersione intensiva degli study abroad.

Si è quindi frammentato il compito, adattando il modello jigsaw (Atkinson): ciascuno è stato incaricato di analizzare un livello. All'avvio dei corsi, si sono costituite coppie o gruppi composti da un tutor analizzatore e da uno o più sperimentatori, con alcune integrazioni a causa della non perfetta corrispondenza di numeri fra partecipanti, sillabi e corsi attivati.

Successivamente, il crosstalk sulle singole voci della pianificazione ha suscitato nuovi spunti:

 

  • la ricerca di una qualità delle prove in itinere ha generato nuove competenze riguardo alla valutazione sommativa;

  • l’utilità di individuare un repertorio di domini e generi testuali per livello;

  • la contiguità “ad albero” dei livelli, per allargare le potenzialità delle competenze.

 

Soprattutto, si è potuto constatare che istituire una procedura tracciabile fra programmazione ipotizzata e programmazione effettiva alimenta in modo sistemico la qualità.

Attualmente, la sperimentazione è nella fase in cui nel gruppo sono presenti esperti in grado di sostenere in scaffolding l'insegnante che dovesse rilevare un nuovo corso.

 

 

4. FEEDBACK

 

Al termine del primo ciclo di sperimentazione, insegnanti e osservatori hanno compilato un questionario di verifica sulle resistenze e credenze originarie. Si è proposta una scala fra due termini, la cui medietà (+/-) significa non avere opinioni. Questi gli esiti:

 

 

Questionario 4.01.

 

 

Questionario 4.02.

 

 

Questionario 4.03.

 

 

Questionario 4.04.

 

 

Questionario 4.05.

 

 

Questionario 4.06.

 

 

Questionario 4.07.

 

 

Questionario 4.08.

 

 

Questionario 4.09.

 

 

Questionario 4.10.

 

 

Questionario 4.11.

 

 

Questionario 4.12.

 

 

Questionario 4.13.

 

 

Questionario 4.14.

 

 

Questionario 4.15.

 

Alcuni commenti liberi:

 

Ins1:

Penso che al monitoraggio costante non vi siano alternative. è l'unica maniera per offrire una didattica di qualità.

 

Ins2:

Soprattutto sulla valutazione, l'impatto iniziale non è stato facile, ma la sperimentazione è stata proficua: adesso saprei come fare, La riflessione teorica è un valore da non perdere mai di vista, e ugualmente la tracciabilità della didattica: utile per la scuola e per l'insegnante, per dare e ricevere nuova conoscenza.

 

Ins3:

Credo nella collegialità, ma la mancanza di tempo ha impedito di condividere pienamente. Penso che la collaborazione sia positiva quando c'è volontà di condividere da parte di tutti. Anche se all'inizio c'è stato spaesamento, non avrei voluto una guida più presente, è stata una sfida positiva, Sono content* di essermi mess* in gioco con la sperimentazione.

 

Ins4:

Non credo di aver ricevuto un vero invito a partecipare, perché la sperimentazione era extra il mio compenso.

 

Ins5:

Ritengo che questi curricoli siano frutto di uno spirito collaborativo, ma credo di avere un po' mancato personalmente nella partecipazione. Inoltre, d'istinto direi che forse avrei voluto una guida più decisa, ma appena lo dico, mi rendo conto che è utopistico: con una guida, non vi sarebbe stata sperimentazione vera da parte nostra.

 

Ins6:

La collegialità e la condivisione fra insegnanti [...] dipendono dalle persone e dalla motivazione con cui partecipano al gruppo. Deve essere un'adesione consapevole e spontanea. Quando è obbligatoria, non sempre si crea sinergia, dipende dal gruppo che si forma. Sono stati raggiunti buoni risultati, ma c'è ancora bisogno di rodaggio [...] . Avrei voluto un confronto in itinere sui risultati con gli studenti. Dobbiamo fare nuovi controlli sulle classe, fare questionari. Il confronto che ne viene fuori è bellissimo.

 

Feedback studenti

Gli studenti sono stati chiamati ad esprimere le loro prime impressioni sul nuovo piano curricolare, sulla base di cinque items, rilevando una criticità minima rispetto alla comunicazione del nuovo sistema di valutazione.

 

Diagramma 4.1. Feedback degli studenti

 

 

5. CONCLUSIONI

 

Rispetto agli insegnanti, il confronto tra le credenze iniziali e il feedback finale dimostra che un mutamento è avvenuto con soddisfazione. Nonostante i costi patiti (3), non si è provata costrizione (2) o di perdita d’autonomia (5), tanto che l’indicazione contraria dell’Insegnante esterno ha una postilla: “Perdita in senso molto positivo, a favore della condivisione”.

Nuova consapevolezza si è sviluppata sulla sperimentazione (4) e la valorizzazione del ruolo degli insegnanti (6). La riflessione sulla mancanza di strumenti si legge in un commento libero (v. Ins5), come desiderio “eccessivo” di sicurezza. Due considerazioni negative circa la spendibilità delle competenze acquisite in altri contesti (8), mentre sul valore della sperimentazione vi è unanimità che il progetto è soltanto iniziato (9). Solo un insegnante non ritiene utile monitorare e tracciare costantemente il percorso formativo (10, 11), mentre valore comune è dato alla condivisione e alla collegialità sul progetto (12, 13), con qualche riserva circa il senso dell’autoapprendimento (14) e una sola riguardo al senso di perdita o guadagno (15).

Quanto al feedback degli studenti, il riscontro è stato più che positivo, con una minima criticità riguardo alla capacità di comunicare agli studenti in modo esaustivo il nuovo sistema di valutazione.

 

L'inevitabile riflessione sui vari modi di fare didattica e d'intendere la valutazione ha spostato l'attenzione dal “cosa” sperimentare al “come” sperimentarlo, mostrando come sia necessario dare anzitutto una struttura formale, prima che contenutistica, al processo di rinnovamento curricolare, e prima ancora, trovare spunti motivazionali e valoriali sufficienti, indagando eventuali false credenze. Diversamente, il rischio è che non si attui un vero mutamento di paradigma.

La voce minoritaria che ha mostrato meno entusiasmo al progetto accresce tuttavia la consapevolezza che la motivazione non è data per tutti e una volta per tutt, e che quindi debba essere coltivata e perseguita costantemente.

Riguardo alla possibilità di istituire nuovi cicli di ricerca, si nota una problematica nello sviluppo intensivo dei corsi, che si ripetono non più di due-tre volte l'anno: la distanza tra una sperimentazione e l'altra rischia di opacizzare gli esiti precedenti, soprattutto ai livelli superiori, solitamente meno frequenti. Attualmente, solo il livello base (101) ha potuto essere sottoposto a nuova verifica.

Vi è infine la certezza che in questa prima fase, animata da priorità motivazionali al gruppo, ha coinvolto solo in minima parte gli studenti, come si evince da un commento (Ins6), per cui il proposito più immediato è di attivare strategie che li coinvolgano nella sperimentazione, considerando che una pianificazione non esiste finché non si è in grado di comunicarla adeguatamente ai destinatari.

 

 

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1 Sezione tratta da Quando gli studenti “sbagliano”: l’errore, in “Officina.it”, 3, 2009: 26-37.

2 Adattamento e semplificazione da: Della Puppa, F., in Luise, M.C., 2003.

 

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